Gente non comune

Giovanni Bortot, Miligente20tanza politica e amministrazione, a cura di Paola Salomon, presentazione di Elio Armano, Isbrec 2015, (n. 20), pp. 247, inserto fotografico (pp. 16), € 12,00

Dentro le memorie che Bortot si è deciso a stendere, e quasi sotto costrizione, per un riserbo e una sobrietà rara, ci sono fatti e percorsi irripetibili, non solo perché per ogni generazione tutto cambia, ma perché sono scomparsi i partiti e le culture politiche, che avevano improntato decenni di vita nazionale, accreditando a lungo la convinzione di un paesaggio culturale e antropologico fissato per sempre. Bortot ci porta dentro ad un mondo senza mai la pretesa di imporlo come migliore, quando c’erano una volta i comunisti italiani, e va sottolineato italiani, uomini e donne in carne ed ossa come lui, che, giorno dopo giorno, tra mille fatiche e sacrifici, hanno dato un senso compiuto alla propria esistenza, insaporendola con la soddisfazione per le “fatiche ben fatte” e per i risultati tangibili, riconosciuti come tali anche da avversari mai prodighi di sconti.

Giovanni Bortot è nato a San Fior di Treviso il 14 ottobre 1928 da genitori di Quantin di Ponte nelle Alpi. Nel 1935 la famiglia ritorna a Quantin e Giovanni completa gli studi elementari. Durante le Resistenza, con il nome di “Ardito”, entra nel gruppo di “Nembus” Angelo Bernard della Brigata “Mazzini”. A guerra finita lavora come stagionale nell’edilizia ed è già segretario della sezione del Pci a Col di Cugnan. Nel 1951 l’amico Eliseo Dal Pont lo invita a lavorare per la Federterra e poi per il settore “Organizzazione” nella Federazione del Pci di Belluno.
Nel 1956 viene eletto per la prima volta consigliere comunale di minoranza per il Pci a Ponte nelle Alpi, poi è vicesindaco nella giunta social-comunista guidata da Umberto Orzes. Nel 1980 guida un monocolore comunista con l’appoggio esterno del partito socialista. Viene confermato sindaco, in liste del Pci ed in liste civiche di sinistra fino al 1999. Rimane in consiglio comunale fino al 2004. Eletto deputato nelle liste del Pci nel 1968 e nel 1972, nel primo mandato è membro della VII Commissioni difesa (lug/1968-dic/1969) e della IX Commissione lavori pubblici (gen/1970-mag/1972); nel secondo mandato lavora nella III Commissione affari esteri, emigrazione (mag/1972-apr/1975) e poi di nuovo nella IX Commissione lavori pubblici (apr/1975-lug/1976).

 Il libro ha ricevuto i commenti positivi di Giorgio Napolitano (leggi) e Walter Veltroni (leggi).


munaroFerruccio Vendramini, Paola Salomon (a cura di), Mario Munaro. Una vita con la CGIL, presentazione di Renato Bressan, Isbrec 2014, (n. 19), pp. 163, € 12,00

Quella che viene tratteggiata in questo libro è la figura di un sindacalista a tutto tondo che ha saputo farsi interprete delle reali esigenze del suo territorio con quella moderazione che i tempi e le situazioni imponevano. Un sindacalista che ha combinato all’approccio unitario una marcata autonomia della propria organizzazione, che parlava, a ragion veduta, perché sapeva ascoltare e soprattutto studiare. Il rigore, la passione, lo studio volti a un impegno dedicato a combattere le disuguaglianze sociali, sono stati elementi costitutivi della sua personalità, pregi che non tutti al giorno d’oggi possono rivendicare e che hanno fatto di lui un esempio e un riferimento sicuro per molti. La Cgil tutta oltre alla Camera del Lavoro di Belluno, può andare orgogliosa di annoverare tra le sue fila dirigenti come Mario Munaro.

Mario Munaro è nato a Chies d’Alpago il 4 agosto 1934. Operaio edile, emigra in Svizzera con il fratello, dove rimane fino al 1956. Rientrato in Italia, diventa segretario provinciale della Fillea nel settembre del 1958, ruolo che ricopre fino al 1977, anno in cui viene eletto segretario della Camera del Lavoro di Belluno. Dimessosi dalla carica per gravi motivi di salute nel 1980, continua a prestare la sua opera presso il patronato Inca fino al 1986, anno in cui va in pensione. Muore il 6 febbraio 2004.


granzottoGiorgio Granzotto, Racconto di vita. Memorie di giovinezza e d’impegno politico, a cura di Agostino Amantia, presentazione di Adriana Lotto, Isbrec 2013, (n. 18), pp. 191, € 12,00

Il racconto di vita che ci viene offerto in questo volume, scritto dopo gli ottant’anni, non è propriamente un’autobiografia, e non è nemmeno un pacchetto bell’è confezionato da consegnare ai posteri per ricevere fama imperitura, è piuttosto manifestazione del desiderio, presente in ogni uomo, di tracciare i contorni di un’esistenza, di dare ad esso forma e di chiederne il senso. L’autore ci racconta. Seguendo la zigzagare della sua vita, le impennate, le cadute, le andate e i ritorni, partendo dalla scelta di militanza compiuta nel partito socialista dopo l’esperienza della resistenza. La laurea, il matrimonio, l’avvio dell’attività forense e quella di insegnante, prima a Feltre e poi a Belluno, si mescolano in tal modo con le riunioni, i comizi, le tornate elettorali, le manifestazioni a difesa della democrazia nascente, che costituiscono altrettante occasioni di impegno politico, ma soprattutto profondi legami d’amicizia.

L’autore
Giorgio Granzotto è nato a Belluno il 13 agosto 1928. Iscritto dal 1945 al Partito socialista italiano (Psi), diventa segretario della federazione giovanile nel 1946 e segretario provinciale del partito nel 1950. Nel 1964 diviene segretario provinciale del Partito socialista italiano di unità proletaria (Psiup) dopo la sua costituzione. È stato sindaco di Feltre dal 1976 al 1978, consigliere provinciale dal 1960 al 1964 e consigliere comunale di Belluno dal 1979 al 1983. Eletto deputato nelle liste del Psiup nel 1968, dopo lo scioglimento di quel partito confluisce nel partito comunista italiano divenendone senatore nel 1979. Dopo il 1983, lasciato l’impegno nel campo della politica attiva, ha partecipato alla vita di diverse associazioni culturali e di volontariato, ricoprendo la carica di presidente provinciale dell’Università popolare dell’Auser e dell’Anpi.


17genteGiovanni Fant, Resistenza e passione civile, a cura di Giovanni Perenzin, Isbrec 2008, (n. 17), pp. 113, € 8,00

Questo lavoro, concepito come premessa ad un’opera più ampia ri­guardante l’intera provincia di Belluno, tra natura, storia e resistenza, è in sintonia con la visione evangelica e lo spirito del “ribelle per amore” del suo autore. Resistenza come dimensione religiosa di vita, Resistenza-sofferenza. Un binomio coniato da Nani Fant che dice tutto e riassume la condizione del montanaro bellunese, costretto a dure condizioni di vita, all’isolamento, all’emigrazione forzata, alla privazione del­la libertà, alla guerra razzista di aggressione, ma infine proteso al sogno-riscatto che consisteva molto semplicemente nell’avere “un posto di lavoro vicino alla propria casa e alla propria famiglia”. Una speranza rivelatasi dapprima illusoria e realizzatasi poi parzialmente a seguito della tragedia del Vajont.

L’autore
Giovanni Fant nasce il 21 settembre 1921 a Sedico da una famiglia contadina. Arruolato come aviere allo scoppio della guerra, al mo­mento dell’armistizio dell’8 settembre si trova a Divulje, sulla costa dalmata, a 25 chilometri da Spalato. Tornato a casa in modo avven­turoso, entra in contatto con il movimento di resistenza promosso dal maresciallo Lino Davare, dal colonnello Angelo Zancanaro e dal tenente Da Val, da cui nascerà il 15 agosto 1944 la Brigata Alpina “Valcordevole” aderente alle “Fiamme Verdi”. Il dopoguerra lo vede impegnato nel lavoro politico e sociale. Operaio alla “Calce Sois”, segue i corsi di formazione politico-sociale tenuti da don Albino Luciani, è in prima fila nell’erigenda parrocchia di Bribano, partecipa alla fondazione della CISL e alle attività delle ACLI. Dal 1954 lavora come impiegato presso la Camera di Commercio di Belluno. Membro del comitato provinciale della DC e del consiglio di amministrazione dell’Ospedale Civile di Belluno, è stato a lungo presidente della sezione bellunese della Federazione Italiana Volontari della Libertà. È morto a Belluno il 28 marzo 1998.


16genteGiuliano Dal Mas, Come nasce un parco: il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Storia di un’idea, presentazione di Guido De Zordo, Isbrec 2007, (n. 16), pp. 191, € 12,00

Questo libro ricostruisce le vicende più “antiche” del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, descrivendo quanto accadde negli ’60 e ’70 del Novecento, quando la provincia di Belluno era infiammata (e non solo in senso figurato) dal dibattito per l’istituzione di quello che oggi è il Parco. Attraverso la rilettura di articoli di giornale, atti di convegni, verbali di incontri pubblici, volantini dell’epoca, emerge una vicenda lunga e complessa, frutto della contrapposizione tra gli interessi privati (di pochi), e la volontà (di molti) di salvaguardare un patrimonio naturale e culturale da consegnare intatto alle generazioni future. Ripercorrere il lungo e travagliato iter che ha portato alla nascita del Parco, consente di leggere in modo diverso e più corretto anche le vicende di oggi.

L’autore
Giuliano Dal Mas è nato a Belluno nel 1945. Adolescente, emigra con il padre in Argentina, dove risiede per cinque anni. Laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Trieste, ha svolto servizio come segretario comunale in diversi comuni dell’Agordino per oltre trent’anni. Appassionato di cultura e storia locale, poesia e arte, musica classica, montagna e fotografia, ha svolto una vasta attività di pubblicista, collaborando con numerosi giornali, settimanali e riviste. Tra le sue pubblicazioni si segnalano: Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi (1977 e 1987), Dolomiti dell’Agordino (1990 e 2004), Dolomiti della Val Belluna (2003), Giovanni De Min 1786-1859 (1992), Pietro Paoletti 1801-1847 (1999), Una comunità e le sue bandiere. Una realtà di confine: Caprile (2002), Bellunesi nella storia di Bariloche. Il protagonismo di Primo Capraro (2006), La conca agordina cuore delle Dolomiti (2007).