Su queste strade se vorrai tornare
Ai nostri posti ci ritroverai
Morti e vivi con lo stesso impegno
Popolo serrato intorno al monumento
Che si chiama
Ora e sempre
RESISTENZA
(Epigrafe di Piero Calamandrei, murata dal dicembre 1952
nel municipio di Cuneo e dedicata al “camerata Kesserling”)
La memoria e l’oblio non rappresentano terreni neutrali, ma veri e propri campi di battaglia, in cui si decide, si sagoma e si legittima l’identità, specie quella collettiva. Se il terreno della memoria e dell’oblio costituisce il campo di una interminabile battaglia, il ricordo, pur non essendo mai al sicuro, lotterà tenacemente per non essere sempre sconfitto.
(Remo Bodei)
In occasione delle recenti commemorazioni per i fatti occorsi in Valle del Bios il 20-21 agosto 1944, è sorta una polemica tra il Sindaco di Vallada Agordina Fabio Luchetta e il Presidente dell’Anpi provinciale di Belluno Giovanni Perenzin. L’Isbrec intende con queste righe intervenire per prendere posizione di fronte alle affermazioni del Sindaco e contro ogni volontà di dimenticare il passato e di annacquare posizioni e responsabilità.
I fatti storici. La Valle del Biois, tra i comuni di Falcade e Canale d’Agordo, nell’estate del 1944 vede una folta presenza partigiana. Pur non potendo difendere la zona da un eventuale attacco nemico, le formazioni partigiane creano indubbiamente dei problemi ai tedeschi. Tra il 20 e il 21 agosto del ’44 in tutta la zona si svolge un poderoso rastrellamento delle forze tedesche, proprio al fine di reprimere l’attività della resistenza e forse in risposta ad un attacco all’ospedale militare di San Martino di Castrozza.
All’alba del 20 agosto truppe tedesche e altoatesine divise in due distinte colonne giungono nella valle dal Trentino. Il primo abitato ad essere saccheggiato e incendiato è Gares (Canale d’Agordo), i partigiani decidono di non intervenire, ma ciò non evita le prime vittime. Posti alcuni ostaggi davanti (due dei quali moriranno lungo il tragitto), una colonna si dirige a Fregona (Canale d’Agordo) per congiungersi all’altra che intanto ha dato fuoco a Tabiadon (Falcade). Questo secondo gruppo fatica a raggiungere Caviola per la resistenza opposta dai partigiani al ponte sul Biois. Alla fine le forze naziste si ritrovano a Falcade con circa 200 ostaggi.
La mattina dopo, il rastrellamento continua con gli incendi di Caviola (Falcade), Feder e Fregona (Canale d’Agordo). Alle 10,30 otto ostaggi vengono prelevati dal garage “Buzzatti” e fucilati sul greto del Biois, altri sono uccisi negli incendi da raffiche di mitra o dal fuoco. Nel pomeriggio, dopo il saccheggio e l’incendio di Gares, Feder, Fregona, Tegosa, Forno (comune di Forno di Canale, oggi Canale d’Agordo), Caviola, Tabiadon, Sappade (comune di Falcade), oltre che di abitazioni, stalle e fienili isolati, i tedeschi iniziano a ritirarsi, portando con sé numerosi ostaggi destinati ai campi di concentramento, e uccidendo altre persone lungo la strada. Alla fine della giornata si conteranno 37 vittime.
Questi fatti hanno generato nella popolazione sentimenti diversi e contrastanti tra chi ha sostenuto l’attività dei partigiani e chi li ha accusati di aver provocato la repressione nazista e si sono rivelati, nel tempo e fino a oggi, profondamente divisivi. Lo dimostra la difficoltà di svolgere annualmente le cerimonie commemorative in un’area oggettivamente molto provata dagli eventi bellici, in particolare in quei due giorni dell’agosto 1944.
La polemica. Nasce probabilmente da qui il rifiuto opposto dal Sindaco di Vallada Agordina, Fabio Luchetta, a voler condividere con l’Anpi, che a suo tempo aveva avanzato una proposta in tal senso, il momento commemorativo dei fatti e delle vittime in una cerimonia comune volta anche a ricordare la figura del Senatore ed ex partigiano Attilio Tissi, originario proprio di Vallada. La commemorazione si è dunque svolta senza la partecipazione di un’associazione che, in tutta Italia e da 70 anni, promuove, accanto al ricordo dei partigiani e del loro sacrificio, i più profondi valori che fondano il nostro Paese e la nostra Costituzione, che appunto dalla lotta di Liberazione trae la sua linfa.
Il problema, d’altra parte, non sta certamente nel fatto che il primo cittadino di Vallada abbia voluto evitare di condividere con l’associazione dei partigiani tale commemorazione, ma piuttosto in alcune sue affermazioni che hanno trovato eco nella stampa locale degli ultimi giorni (cfr. i link sotto riportati). In particolare desta sensazione la volontà di assecondare il presunto desiderio della popolazione di dimenticare quei tragici momenti. Se pure questo fosse il sentire comune, proprio in tale contesto più forte dovrebbe alzarsi la voce di chi, rappresentante dei cittadini e delle istituzioni, ha in primo luogo il dovere di tenere desto lo spirito critico e il rispetto e il riconoscimento dei valori fondanti di una società, che – ripetiamo – nel nostro caso si riconoscono proprio nella Resistenza. Insomma,un Sindaco si dovrebbe occupare in primo luogo della diffusione di principi etico-morali soprattutto quando si rende conto che tra i suoi concittadini serpaggia una certa stanchezza di fronte a questi temi. Pensare di delegare questa funzione fondamentale ad altri soggetti, come ad esempio la scuola, sarebbe non solo riduttivo ma complessivamente sbagliato. Il senso di appartenenza e il mantenimento dei valori fondanti di una comunità deve essere una costante preoccupazione prima di tutto delle Istituzioni e un Sindaco non può non tenerne conto.
In secondo luogo, sembra fuori luogo e francamente inaccettabile l’affermazione, fatta al Presidente provinciale dell’Anpi, prof. Giovanni Perenzin, per cui, alla domanda se ritenesse Mussolini un criminale, avrebbe risposto di doverci pensare. Dato che criminale non è solo colui che, ponendosi al margine della società, opera contro la legge, ma anche e forse soprattutto chi, dentro le istituzioni, usa queste e le leggi per agire contro i propri concittadini e in generale l’umanità, è evidente che Mussolini, divenuto duce e avendo di fatto realizzato in Italia una dittatura (sia pure originale, stante il fatto che in fin dei conti esisteva ancora un re), che per sua stessa natura è irrispettosa della volontà e della libertà dei cittadini, non possa non essere posto nel novero dei criminali.
Alcune considerazioni conclusive. In primo luogo se qualcuno opera per una comunità in qualità di Sindaco, lo fa certamente per mandato popolare ma nel rispetto della legge e in primo luogo della Costituzione. E la Costituzione italiana, lo si voglia o no, è antifascista: i nostri padri costituenti hanno ritenuto che l’Italia del Ventennio non dovesse mai più ritornare e che i valori della democrazia si dovessero imporre su tutto. Non ricordare ciò è sintomo o di una non troppo velata adesione a principi fascisti (e già siamo fuori dal rispetto della Costituzione) o di una desolante povertà culturale in ambito politico, laddove invece, prima di dedicarsi alla cosa pubblica, bisognerebbe ben studiare e conoscere i valori fondanti della società entro cui si intende svolgere la propria attività politico-amministrativa.
I fatti della Valle del Biois, come si diceva, sono stati e restano divisivi, ma i valori per cui ci si è battuti 70 anni fa e che garantiscono a tutti (proprio a tutti, per fortuna) di esprimere oggi il proprio pensiero, quei valori restano ancora validi e comunque fondanti e ciò al netto di eventuali errori o recriminazioni. E se pure vogliamo ammettere che il rastrellamento dei tedeschi operato in quel territorio dipese essenzialmente dalla presenza di partigiani nella zona, va sempre ricordato che un peso e un significato hanno l’azione di guerriglia, un altro ne hanno la ritorsione indiscriminata sulla popolazione. Del resto, fu anche questo “lavoro ai fianchi” operato dalla formazioni partigiane a indebolire la forza dell’occupante, che, giova ricordarlo, stava organizzando proprio nel nostro territorio un sistema difensivo finale, una nuova “linea Gotica”, che avrebbe dovuto impedire l’ulteriore avanzata degli Alleati e che, di fatto, qualora le opere fossero state concluse, avrebbero causato con tutta probabilità pesanti bombardamenti in tutta la provincia. Avremmo poi detto che anche gli Alleati erano responsabili delle distruzioni e delle morti?
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