Sabato 12 ottobre, alle ore 17.15, presso la sala “Bianchi” in viale Fantuzzi a Belluno si terrà la presentazione del libro di Gustavo Corni “L’Italia occupata. 1917-1918. Friuli e Veneto orientale da Caporetto a Vittorio Veneto“. Nel corso dell’incontro, organizzato da Isbrec e Gaspari editore, l’autore, già docente di storia contemporanea presso l’Università di Trento, ne discuterà con Adriana Lotto (Isbrec), tra le maggiori studiose bellunesi di storia della Prima guerra mondiale.
L’ingresso è libero
Il libro
Fra fine ottobre e i primi di novembre del 1917 la popolazione del Friuli e del Veneto a Est del Piave fu travolta da due successive inarrestabili ondate: la prima delle colonne di soldati e mezzi militari italiani in ritirata dopo la rottura del fronte a Caporetto, e pochi giorni dopo la seconda degli austro-ungarici e germanici vincitori. Di una popolazione stimata attorno al milione di persone circa 230.000 riuscirono a mettersi in salvo; gli altri in larga maggioranza abitanti delle campagne restarono aggrappati alle loro case, ai loro poderi.
Per un anno quasi esatto nel territorio invaso fu attuato uno spietato regime d’occupazione, dapprima in condominio fra i due Imperi centrali, poi da gennaio dalla sola monarchia asburgica. La situazione non si stabilizzò mai; alla prima fase di saccheggi, violenze e soprusi, durata un paio di mesi, fece seguito quasi senza soluzione di continuità un pesante sfruttamento sotto forma di requisizioni delle risorse disponibili sul territorio. Tutto fu, conteggiato, stimato, requisito, e infine consumato in loco dagli occupanti, lasciando solo le briciole alla popolazione occupata. Fra occupanti e occupati si instaurarono complessi rapporti, nei quali giocava un ruolo la reciproca compassione. Ma non mancarono atteggiamenti di odio e di punizione verso i civili.
A seguito di questa spietata politica di sfruttamento la mortalità in quei dodici mesi quasi esatti è pressoché triplicata rispetto alla media dell’anteguerra. Uno sfruttamento che era determinato dalla necessità per Vienna di reperire in loco le risorse necessarie a tenere in vita un enorme esercito (un milione di uomini o più) schierato lungo il Piave e nelle retrovie. In qualche modo i civili e le truppe occupanti finirono per trovarsi sullo stesso terreno: affamati e privi di qualsiasi prospettiva per il futuro. Questo favorì intrecci di relazioni, che non erano unilateralmente di sfruttamento e di sottomissione (e di violenza, in particolare verso le donne), ma che in molti casi erano segnati da reciproca compassione e aiuto.
Il tema è stato finora largamente considerato dalla storiografia, anche a livello locale. La monografia di Gustavo Corni, specialista di storia della Germania nell’Otto-Novecento, si presenta tuttavia come il primo ampio affresco basato su fonti d’archivio austro-germaniche e italiane e su una ricca produzione diaristica, generalmente circoscritta ad un interesse locale. Ne esce un racconto articolato e sfaccettato di una pagina importante, finora trascurata, della storia italiana nella Prima guerra mondiale.
L’autore
Gustavo Corni ha studiato storia e scienze politiche all’Università di Bologna. Dopo aver lavorato come assistente di ricerca all’Università di Venezia dal 1981 al 1988, è stato nominato professore di storia moderna e contemporanea e di storia tedesca all’Università di Chieti dal 1988 al 1992 e all’Università di Trieste dal 1992 al 1997. Dal 1997 fino al suo pensionamento nel 2018, Corni ha tenuto una cattedra di storia contemporanea presso la Facoltà di Sociologia e di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. È membro dell’International Research Training Group “Political Communication” con sede presso l’Università di Francoforte e dell’International Academic Advisory Board dell’Istituto Wiesenthal di Vienna per gli studi sull’Olocausto (VWI).