Raffaele Buttol, Prete nella resistenza. Memorie sulla deportazione a Bolzano, a cura di Agostino Amantia, Isbrec 2005, (n. 10), pp. 142, esaurito
Con questo racconto delle vicende di un periodo della sua vita, l’autore ha deciso di rendere pubblica una parte della sua esperienza privata. Lo ha fatto a 87 anni e non prima, perché, semplicemente, questo era il momento. Il libro rievoca episodi avvenuti oltre mezzo secolo fa, vissuti e sofferti dall’autore in prima persona e dei quali era a conoscenza solo una cerchia ristretta di persone, mettendoci in contatto con il mondo della prevaricazione e dell’internamento, della prigionia e della sofferenza, ma anche con quello della Resistenza – quella con la “R” maiuscola – generata dalla necessità di accelerare gli eventi bellici, strumento di libertà e non di abuso e condizionamento come qualcuno vorrebbe far credere. Oltre a presentare la storia personale di un sacerdote, la vicenda di don Buttol ci illustra anche un “inedito” scenario sul legame che si stabilisce tra la Chiesa e il mondo progressista, insofferente alla prevaricazione nazifascista, sommandosi così ad altri lavori che in questi anni sono stati dati alle stampe.
L’autore
Don Raffaele Buttol è nato ad Agordo il 9 maggio 1918 da Giovanni Battista e Anna Conedera. Giovanissimo, entra in Seminario a Belluno, dove ha come rettore mons. Angelo Santin e come vice Albino Luciani. Ordinato sacerdote il 27 giugno del 1943, viene inviato pochi mesi dopo come vicario Cooperatore a Vodo, dove viene internato a Bolzano dai tedeschi a seguito di una denuncia anonima. Liberato alla fine di marzo del 1945, torna a svolgere le sue funzioni prima a Sedico, poi a Castion e infine a Gosaldo. Qui viene nominato parroco nel settembre del 1952 rimanendovi fino alla fine del 1969. Dall’inizio del 1970 passa a reggere la parrocchia di Mas-Peron, che lascia per rinuncia il 31 agosto 1994. È stato anche direttore spirituale del Seminario di Feltre, consulente AIART e membro dell’Associazione Cappellani Militari d’Italia del Veneto. Nel 1986 è stato insignito del titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.
Damiano Rech, A nord del Grappa. Protagonisti e testimoni raccontano la guerra e il rastrellamento a Seren, Isbrec 2005, (n. 9), pp. 231, esaurito
A partire dal primo autunno del 1944, il Grappa e tutta la zona circostante vissero la ferocia nazifascista. Le formazioni partigiane, che si erano ingrossate nell’estate, commisero l’errore fatale di scegliere la difesa in campo aperto e ad oltranza, capovolgendo le forme della guerriglia, che richiedono agilità, flessibilità, dispersione. Non sfuggirono così all’accerchiamento e i risultati furono drammatici: 202 impiccati, 620 morti in combattimento e fucilati, 840 deportati, 285 case incendiate. Seren fu marginale in questa battaglia, si trovò però sul tragico percorso delle truppe nemiche. Questo libro – un inedito nella letteratura bellunese sull’argomento – raccoglie le testimonianze dei civili serenesi coinvolti, direttamente o meno, negli avvenimenti che accompagnarono e seguirono il rastrellamento. Si tratta di testimonianze lucide, prive (anche per il tempo trascorso) delle emozioni che accompagnano l’immediatezza degli eventi, ma proprio per questo ancora più tragiche nella descrizione delle devastazioni subite. Fu una strage d’innocenti che non ebbe una causa diretta in un’aggressione alle truppe nazifasciste, una rappresaglia mossa solo dalla volontà di incutere terrore nella popolazione nel tentativo di tagliare ogni connivenza con i partigiani.
L’autore
Damiano Rech è nato a Seren del Grappa il 23 maggio 1935. È stato consigliere comunale per 25 anni e per dieci consigliere della Comunità Montana Feltrina. Ha ricoperto l’incarico di direttore provinciale della Confederazione Italiana Agricoltori di Belluno. Iscritto all’Ordine dei pubblicisti, per oltre vent’anni è stato direttore responsabile del periodico di categoria “Agricoltura Veneta”. Ha collaborato inoltre con un quotidiano nazionale e alla stesura del terzo volume della collana “Incontri con il Grappa” del Centro Natura di Crespano del Grappa, dedicato agli aspetti della fauna e della flora del territorio, che ha ottenuto il secondo premio de “II libro sulla montagna” per il 2000. È socio fondatore dell’associazione culturale di volontariato “San Siro” di Seren del Grappa.
Albino Melanco, Limana, la resistenza, la sua gente. Memorie e ricordi, a cura di Agostino Amantia e Ferruccio Vendramini, Isbrec 2005, (n. 8), pp. 194, € 12,50
In questa “lunga memoria” Albino Melanco ci offre una testimonianza diretta ed efficace della vita di Limana e dintorni, raccontando gli anni del fascismo e del dopoguerra, con le speranze e le delusioni, i contrasti e le divisioni, le frustrazioni e le amarezze, che si accompagnano al lungo processo evolutivo del contesto sociale, culturale e politico della comunità locale. Pur intessuto sulle vicende personali dell’autore, il racconto tocca le vicende collettive e si intreccia con i grandi accadimenti che hanno contrassegnato nel bene e nel male la nostra storia nazionale negli ultimi settant’anni: il fascismo, la guerra, la resistenza e il lungo dopoguerra, con la ricostruzione, le lotte per la democrazia, le tensioni politiche, sociali e culturali che hanno accompagnato lo sviluppo economico e civile del Paese. Non mancano nella narrazione episodi, annotazioni e brevi immagini che toccano aspetti di costume e usanze di vita familiare, che ci ricordano la durezza della vita di un tempo nelle nostre valli, e anche le tradizioni e le consuetudini proprie di un’antica arretratezza, oggi neppure più ricordate.
L’autore
Albino Melanco è nato a Valmorel di Limana il 3 ottobre 1929. Ha studiato a Conegliano e Belluno, dove si è diplomato perito edile. Per due anni ha lavorato come capo-cantiere nella costruzione della strada Valmorel-Tassei, poi ha fatto il libero professionista a Limana, prima in collaborazione con i fratelli Giovanni e Giorgio, poi esercitando in proprio. È stato consigliere comunale per tre legislature e per cinque membro delle commissioni Edilizia e Urbanistica del comune di Limana. Dal 1975 al 1980 è stato inoltre consigliere in Comunità Montana e assessore all’Agricoltura. Ha ricoperto le cariche di consigliere della Pro Loco di Limana e quelle di consigliere e presidente dell’Associazione Cacciatori e dell’U. S. Calcio Limana.
Wilma De Paris, Memorie e scritture private, a cura di Paola Salomon, Isbrec 2005, (n. 7), pp. 143, € 10,00
Il volume propone una raccolta di memorie e brevi racconti autobiografici, che coprono l’intero arco di un’esistenza ed evocano squarci di vita e ambienti paesani di una Trichiana scomparsa o in via di sparizione. Attraverso esercizi di scrittura svolti ai margini della propria attività lavorativa, l’autrice, amica intima di Tina Merlin e della sua famiglia, che sente come “una famiglia d’elezione”, traccia la storia di una staffetta partigiana, spinta dagli eventi collettivi e dalle vicende personali in un altrove geograficamente e culturalmente diverso dal suo ambiente d’origine. Ne scaturisce un racconto di sé che nulla concede alla retorica, teso a rendere conto di percorsi mentali, fatti, emozioni, e sorretto dalla consapevolezza, venata di fatalità, che non le è stato concesso di fare diversamente e di avere agito perché tutto il possibile accadesse.
L’autrice
Wilma De Paris è nata a Pialdier di Trichiana il 23 ottobre 1921, dove ha frequentato le scuole elementari. Ha solo 13 anni quando muore prematuramente la madre, Carmela Dal Mas. Il padre Giuseppe, emigrante e figlio di emigranti, alleva e cresce l’unica figlia. Al nascere del movimento partigiano nella sinistra Piave, si presenta in montagna, sopra Pranolz, assume il nome di “Andreis” e diventa la prima staffetta partigiana di Trichiana. Lavora per il battaglione “Manara”, per la brigata “Tollot” e per la “VII Alpini”. Nell’immediato dopoguerra studia al Convitto della Rinascita di Milano, seguendo l’indirizzo tecnico-aziendale. Dopo alcuni temporanei e occasionali lavori, nel 1949 viene assunta alla SNAM e poi alla SOFID, la finanziaria del gruppo ENI, dove rimane fino al 1982. Abita a Metanopoli, la cittadella in comune di San Donato Milanese, voluta da Enrico Mattei nella prima metà degli anni cinquanta per centralizzare tutte le attività direzionali e di ricerca delle società del Gruppo.
Tullio Bettiol, Un ragazzo nel lager. Memorie dal campo di Bolzano, Isbrec 2005, (n. 6), pp. 107, € 9,00
Questo libro raccoglie le memorie di Tullio Bettiol sul lager di Bolzano, dove è stato internato dal giugno 1944 al febbraio 1945. In esso l’autore, deportato n. 81, ci parla dei primi mesi di vita del campo, quando ancora si chiamava “campo di rieducazione al lavoro”, descrivendoci successivamente la sua esperienza nei due campi dipendenti di Merano-Maia Bassa e di Certosa Val Senales. Si tratta di una testimonianza che riveste un’importanza notevole, soprattutto perché ci fornisce precise indicazioni sull’organizzazione del sistema concentrazionario attuato dal nazismo nella zona di Operazioni delle Prealpi. Nel libro sono presenti anche numerosi riferimenti alla vita quotidiana nel campo e ai rapporti che si instaurano sia tra i deportati, sia – anche se in misura minore – con la popolazione locale.
L’autore
Tullio Bettiol è nato a Belluno l’1 gennaio 1927. Laureato in Ingegneria Civile a Padova, per alcuni anni ha insegnato presso l’Istituto Minerario di Agordo, pubblicando il testo Lezioni di topografìa sotterranea (Cedam, Padova). Libero professionista nel campo dell’ingegneria civile, è stato per 25 anni (dal 1963 al 1988) consigliere comunale del PCI, rivestendo i ruoli di capogruppo, vice-sindaco e assessore all’Urbanistica e all’Edilizia. Dal 1975 al 1980, è stato anche consigliere e presidente della 2a Commissione del Consiglio regionale del Veneto. Ha fatto parte, inoltre, di varie commissioni istituzionali, del direttivo della federazione del PCI di Belluno e del Comitato regionale dello stesso partito.