Archivio mensile:Febbraio 2021

Contro il controllo politico sul lavoro di ricerca storico

Il 9 febbraio 2021 i Consiglieri Regionali Raffaele Speranzon (Fratelli d’Italia), Alberto Villanova (Zaia Presidente), Daniele Polato (FdI), Joe Formaggio (FdI), Tommaso Razzolini (FdI) e Enoch Soranzo (FdI) hanno presentato al Consiglio regionale del Veneto la mozione n. 29 “La Giunta regionale sospenda ogni tipo di contributo a favore di tutte quelle associazioni che si macchino di riduzionismo e/o negazionismo nei confronti delle foibe e dell’esodo istriano fiumano e dalmata”.
Con tale mozione, dopo due pagine di premesse e considerazioni, fatti i dovuti richiami normativi, in poche righe i firmatari invitano il Consiglio regionale veneto, congiuntamente alla Giunta regionale,

  1. a sostenere nelle modalità che si riterranno più opportune le celebrazioni e la diffusione del Giorno del Ricordo, specie fra i giovani, promuovendo iniziative utili alla conoscenza che accrescano la consapevolezza e contribuiscano ad una condivisa coscienza civile della storia della nostra Patria;

  2. a sospendere ogni tipo di contributo finanziario e di qualsiasi altra natura (es. patrocinio, concessione di sale, ecc.) a beneficio di soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo o in qualunque modo a diffondere azioni volte a macchiarsi di riduzionismo, giustificazionismo e/o di negazionismo nei confronti delle vicende drammatiche quali le Foibe e l’Esodo, sminuendone la portata e negando la valenza storica e politica di questa enorme tragedia;

  3. a promuovere la tutela nei confronti dei cittadini italiani rimasti minoranza nell’ex Jugoslavia attraverso iniziative economiche e culturali e affiancare il sacrosanto diritto delle famiglie dei “desaparecidos” italiani di conoscere quali sia stata la sorte dei propri cari ed il luogo in cui giacciono le loro spoglie;

  4. a condannare senza indugi ogni forma di propaganda, negazionismo o riduzionismo nei confronti dei crimini contro l’umanità da parte di totalitarismi di ieri e di oggi di qualsiasi coloritura politica.

Finalità e modi sono al contempo chiari e discutibili.
Partiamo dalle prime. Come ogni anno, anche nel 2021 si sono levate da più parti voci (afferenti essenzialmente alla destra italiana di varia ma riconoscibile ascendenza) volte a delegittimare il lavoro di numerosi storici che, lungi dal voler negare alcunché, intendono però dare una lettura appunto storica ai fatti occorsi sul confine orientale alla fine del secondo conflitto mondiale. In sostanza non si ammette che non sia data una lettura politica, e specificamente anticomunista, alle vicende legate alle foibe e all’esodo di centinaia di migliaia di italiani residenti nell’area istriana e dalmata. In questo senso è sufficiente leggere la lunga serie di premesse alla mozione, in cui più volte si fa riferimento non solo alle violenze del “regime comunista jugoslavo”, ma anche alle posizioni assunte dal Pci italiano e dai suoi militanti nei confronti degli esuli istriani e dalmati.
Sempre in premessa si accusano poi di intenzioni revisioniste o perlomeno riduzioniste quelli che la mozione indica come “presunti storici”. Vale la pena ricordare che il lavoro dello storico, se ben fatto, consiste in una minuziosa analisi di carte, documenti di varia natura, testimonianze che consentano la ricostruzione non solo dei fatti, ma anche del clima sociale e politico in cui quelli accaddero. Tuttavia non è né può essere compito dello storico emettere giudizi. Per questi ci sono i tribunali o, appunto e su un altro piano, i dibattiti politici. Ma lo storico, faticosamente, con un lavoro che spesso dura anni, non intende proporre verità (né parziali, né definitive) ma favorire la comprensione di un fatto o di un fenomeno storico. In tal modo consentono ad una società di riconscere le proprie radici e prendere coscienza della complessità e problematicità di ciò che è accaduto. Voler ridurre il lavoro dei ricercatori a meri propugnatori della verità voluta da una parte politica è non solo concettualmente sbagliato, ma persino offensivo.
Discutibile anche i modi con cui i firmatari della mozione intendono porsi di fronte alla ricerca storica. Che il mondo politico intenda sindacare sul lavoro di studiosi o istituti di ricerca in merito a qualsivoglia argomento di storia è cosa assolutamente riprovevole. Solo nelle peggiori dittature il potere politico interviene nel mondo della cultura censurandolo o privandolo di sostegno, anche economico. In una democrazia sana e propriamente detta lo storico e gli istituti di ricerca storica studiano e discutono (peraltro da prospettive spesso contrastanti) di qualsivoglia argomento senza interferenze del mondo politico. A questo proposito, si consideri ciò che avviene in questo periodo in Polonia, laddove si è dovuto assistere alla condanna dei professori Barbara Engelking, membro dell’Accademia Polacca delle Scienze di Varsavia, e di Jan Grabowski, membro del Royal Society of Canada, autori di del libro “Notte senza fine. Il destino degli ebrei in alcune contee della Polonia occupata” pubblicato in due volumi a Varsavia nel 2018. In quel caso gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli di diffamazione per alcuni contenuti della loro opera e tuttavia alla comunità scientifica internazionale è noto il loro alto valore di studiosi in particolare per il contributo ad una migliore comprensione delle relazioni ebraico-polacche nel periodo bellico.
Ciò che vorrebbero i firmatari della mozione 29 pare essere proprio questo. Sottomettere studiosi e luoghi della cultura e ricerca storica alla superiore autorità della politica. Ritenendo tutto ciò inaccettabile, l’Isbrec ha deciso di aderire al seguente appello firmato da numerosi storici e istituti di ricerca.

Appello al Consiglio e alla Giunta Regionale del Veneto sulla mozione n. 29, primo firmatario il consigliere Speranzon, intitolata “La Giunta regionale sospenda…”
Le sottoscritte e i sottoscritti auspicano che il Consiglio Regionale e la Giunta regionale del Veneto non vogliano fare propria la mozione n. 29, primo firmatario il consigliere Speranzon, che, lungi dal voler diffondere la conoscenza scientifica su un tema importante e dibattuto quale quello delle foibe e delle violenze nel confine orientale, mira invece a limitare la ricerca, il dibattito scientifico e la libera discussione.
L’uso di termini quali “riduzionismo” e “giustificazionismo” ha infatti l’obiettivo non di sanzionare chi nega la realtà di queste violenze, ma di limitare – su basi assai vaghe e di dubbia legittimità costituzionale – qualsiasi possibilità di discussione, ricerca e interpretazione dei fenomeni in oggetto. Chi dovrebbe mai giudicare se si tratti di riduzionismo o giustificazionismo? Fin dalla premessa la mozione enuncia come verità storiche definitivamente acquisite dati e interpretazioni che gli storici hanno – allo stato attuale delle ricerche – più volte messo in discussione con studi accurati sulla base dei documenti disponibili.
I sottoscrittori di questo appello auspicano – sulla scia anche di quanto espresso in questi giorni, su questioni analoghe, dalla Società italiana per lo studio della storia contemporanea (Sissco) – che la Regione Veneto sostenga, nei luoghi ad essa deputati, la ricerca storica su questo come su altri eventi della storia, non solo italiana, proprio sulla base dei valori di pace e di convivenza civile espressi dalla nostra Carta Costituzionale e dai Trattati dell’Unione Europea, e che contribuisca a conservare un clima culturale di dibattito, sereno approfondimento e confronto civile.

Giulia Albanese, storica, Università degli Studi di Padova
Elena Bacchin, storica, Università Ca’ Foscari Venezia
Duccio Basosi, storico, Università Ca’ Foscari Venezia
Giovanni Bernardini, storico, Università degli studi di Verona
Federica Bertagna, storica, Università degli Studi di Verona
Andrea Brazzoduro, storico, Università Ca’ Foscari Venezia
Alessandro Casellato, storico, Università Ca’ Foscari Venezia
Renato Camurri, storico, Università degli Studi di Verona
Laura Cerasi, storica, Università Ca’ Foscari Venezia
Marco Fincardi, storico, Università Ca’ Foscari Venezia
Monica Fioravanzo, storica, Università degli Studi di Padova
Filippo Focardi, storico, Università degli Studi di Padova
Giovanni Focardi, storico, Università degli Studi di Padova
Enrico Francia, storico, Università degli Studi di Padova
Emilio Franzina, storico, Università degli Studi di Verona
Carlo Fumian, storico, Università degli Studi di Padova
Mario Isnenghi, storico, Università Ca’ Foscari di Venezia
Alba Lazzaretto, storica, Università degli Studi di Padova
Simon Levis Sullam, storico, Università Ca’ Foscari Venezia
Valentine Lomellini, storica, Università degli Studi di Padova
Federico Mazzini, storico, Università degli Studi di Padova
Matteo Millan, storico, Università degli Studi di Padova
Marco Mondini, storico, Università degli Studi di Padova
Rolf Petri, storico, Università Ca’ Foscari di Venezia
Stefano Petrungaro, storico, Università Ca’ Foscari Venezia
Maria Chiara Rioli, storica, Università Ca’ Foscari Venezia
Laura Schettini, storica, Università degli Studi di Padova
Carlotta Sorba, storica, Università degli Studi di Padova
Giulia Simone, storica, Università degli Studi di Padova
Giovanni Vian, storico, Università Ca’ Foscari Venezia
Gilda Zazzara, storica, Università Ca’ Foscari Venezia

Centro d’Ateneo per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea dell’Università degli Studi di Padova (Casrec)
Centro studi Ettore Luccini, Padova (Csel)
Istituto storico bellunese della Resistenza e dell’Età contemporanea (Isbrec)
Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea “Ettore Gallo” di Vicenza (Istrevi)
Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Iveser)
Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (IVrR)
Istresco-Aps

Per saperne di più leggi la mozione qui.
Leggi l’articolo pubblicato il 17 febbraio su “la Nuova” qui.

Comunicato contro gli attacchi alla ricerca storica sulle foibe

Anche l’Isbrec esprime la propria solidarietà nei confronti del Centro Studi Movimenti di Parma, oggetto di un recente attacco ideologico per un’iniziativa culturale legata al Giorno del Ricordo, e ribadisce che l’impegno della Rete degli Istituti è sempre volto alla ricostruzione documentata di eventi e fenomeni al fine di offrirne una lettura problematica e non superficiale, storica e non politica. A tal fine condivide il comunicato del Presidente dell’Istituto nazionale “Ferruccio Parri”, prof. Paolo Pezzino.

Ogni anno la giornata del ricordo è occasione per elementi di destra per attaccare qualsiasi interpretazione che rifiuti la vulgata nazionalista della pulizia etnica a danno degli italiani, e inviti a prendere in considerazione la politica di snazionalizzazione portata avanti durante il ventennio nelle zone del confine orientale, non per giustificare, ma per spiegare quanto successo dopo la caduta del fascismo e durante la costruzione dello stato comunista jugoslavo. Si vuole imporre una versione della tragedia delle foibe e di quella successiva dell’esodo dei giuliano fiumano dalmati sotto forma di genocidio degli italiani, anche con impropri e assurdi confronti con la Shoah. Chiunque operi la necessaria contestualizzazione di quanto successo sa che gli italiani furono perseguitati o in quanto ex fascisti, o perché identificati con le classi egemoni, o in quanto si opponevano alla costruzione dello Stato comunista, e non in quanto italiani. Quest’anno ripetuti attacchi sono stati portati allo storico Eric Gobetti, reo di avere pubblicato un volume nel quale contesta la vulgata di destra nazionalista. E’ recente il caso della presa di posizione del consigliere regionale emiliano di Fratelli d’Italia Michele Barcaiuolo e del gruppo consiliare della Lega a Parma contro il Comune di Parma, reo di avere commissionato al Centro Studi movimenti “fortemente ideologizzato e dichiaratamente di parte” due webinar rivolti alle scuole, nei quali è stato chiamato a parlare lo stesso Gobetti.
Gli attacchi mirano a negare la legittimità della rete degli Istituti della Resistenza e dell’età contemporanea, alla quale aderisce il Centro studi di Parma, a svolgere azione di ricerca storica e attività didattica sul confine orientale, sostenendo che essi sarebbero ideologicamente orientati.
È allora essenziale ribadire che la ricerca storiografica non può essere condizionata da verità ufficiali diffuse o imposte; che la libertà di ricerca va fondata sull’onestà intellettuale, sulla contestualizzazione ampia degli eventi, sull’utilizzo critico di fonti verificabili; che da parte degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea non si nega che le foibe rappresentino un crimine, che si inquadra non soltanto in una reazione alle politiche di snazionalizzazione e oppressione messe in atto dal fascismo nei confronti delle minoranze slovene e croate, ma anche nei meccanismi violenti di costruzione dello Stato jugoslavo da parte di un regime comunista che perseguitava tutti coloro che si opponevano ai suoi progetti (e quindi non solo italiani, e quindi non solo fascisti).
Dietro questi attacchi si nasconde non solo la totale ignoranza degli eventi storici, l’utilizzazione di parole d’ordine nazionaliste, ma anche e soprattutto la cancellazione del ventennio fascista e dei suoi crimini.
L’Istituto nazionale Ferruccio Parri, che è il capofila di 64 Istituti storici della Resistenza dell’età contemporanea associati e 15 collegati, diffusi su tutto il territorio nazionale, si oppone con forza a questa deriva antidemocratica e, nel manifestare la propria vicinanza alle famiglie di tutti coloro che hanno dovuto soffrire per le tragedie consumatisi sul confine orientale, ribadisce il suo impegno per la libertà di ricerca storica al di fuori di vincoli e polemiche di carattere politico-ideologico; esprime solidarietà agli istituti e ai ricercatori che in questi giorni hanno ricevuto attacchi per il loro impegno per la verità e la correttezza storica.

Paolo Pezzino

Per saperne di più, consulta l’articolo apparso su “la Repubblica” qui.
Leggi il comunicato del Centro Studi Movimenti di Parma qui.

“Protagonisti”

119È disponibile il numero 119 della rivista dell’Isbrec “Protagonisti”. In questo fascicolo si riflette sul tema delle epidemie nel Bellunese tra XIX e XX secolo. Il numero può essere acquistato presso la sede dell’Istituto.

sommario
Presentazione (la Redazione)
Appestati e maledetti (Diego Cason)
«In traccia del divino rimedio». Documenti bellunesi sul vaiolo nella prima dominazione austriaca (Francesco Piero Franchi)
Profili epidemiologici generali della provincia di Belluno a metà Ottocento (Gianmario Dal Molin)
«Contro il pericolo di una invasione colerica». Le istituzioni bellunesi e la minaccia del colera nel 1910 (Nicola De Toffol)
«Una misteriosa febbre spagnola». Alcune stime sulla mortalità in provincia di Belluno (Toni Sirena)
«Quando si entra in S. Gervasio non c’è più rimedio». Profilassi e cura della tubercolosi nel Bellunese tra le due guerre (1918-1940) (Franca Cosmai)
La poliomielite e l’Istituto ortopedico elioterapico di Santa Fosca (Adriana Lotto)
Perché siamo responsabili di questa pandemia. Noi e le invisibili presenze del mondo reale (Mirco Rossi)

per l’elenco completo dei numeri pubblicati vedi qui.