Archivio mensile:Aprile 2016

Memoria privata di una storia comune

Isbrec e Comune Cesiomaggiore sono lieti di invitarvi all’inaugurazione della retrospettiva

Memoria privata
di una storia comune

L’orgoglio di appartenenza di
Giovanni Sacchet

locandina definitivissima

Saluti di
Michele Balen
(Sindaco di Cesiomaggiore)
Enrico Bacchetti
(Direttore Isbrec)

Presentazione di
Mirta Amanda Barbonetti
(Isbrec, curatrice della mostra)

Sabato 30 aprile, ore 18.00
Sala di Piazza Mercato, Cesiomaggiore

Seguirà rinfresco

L’esposizione rimarrà aperta
da sabato 30 aprile a domenica 15 maggio
nei seguenti orari:
tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.30
e dalle 16.00 alle 19.00
(chiuso il martedì)

Ingresso libero

Si ringraziano per la collaborazione:
Provincia di Belluno-RetEventi, Pro Loco di Soranzen
le figlie Sandra e Luisa Sacchet

visualizza l’invito qui

 

Andata e ritorno

Isbrec, Circolo Culturale 25 aprile, Anpi e Fondazione “Società Bellunese”
sono lieti di invitarvi alla presentazione del libro

Andata e ritorno

di

Renzo Guglielmino

guglielmino

intervengono

Renzo Guglielmino
Adriana Lotto

domenica 1 maggio, ore 17.00
Bolzano Bellunese, sala Ex Latteria

con il patrocinio del Comitato Frazionale per la Gestione degli Usi Civici
delle frazioni di Bolzano e Vezzano

Che cosa vuol dire crescere in tempo di guerra, fare i conti ogni giorno con la fame, la paura, la morte? Che cosa vuol dire rendersi conto che l’armonia che regna nella natura non è la stessa che sorregge la convivenza umana? È questo ciò che si racconta in queste pagine con felice immediatezza e non di rado un pizzico di ironia, consapevole l’autore che taluni eventi, anche se del tutto casuali, orientano inevitabilmente la nostra esistenza e ci chiamano a responsabilità, ovvero a dare risposte, che non riguardano solo il singolo, ma tutti coloro con cui si lavora, si vive, si patisce, si coltivano sogni e speranze. Quelle di un mondo migliore, in cui le ingiustizie, le discriminazioni di qualsiasi genere, le prevaricazioni lascino il posto a un vivere comune rispettoso delle differenze e della dignità dell’uomo.

Renzo Guglielmino nasce nel 1933 a Gozzano (Novara). Ultimo di tre figli, rimane orfano di padre già all’età di un anno e viene allevato dalla famiglia della madre rientrata a Bolzano bellunese. Dopo la guerra emigra in Svizzera dove rimane per trentacinque anni. Si sposa e ha due figlie. Rientrato a Belluno s’impegnerà soprattutto nell’Anpi.

Bella ciao! Le canzoni della Resistenza

In occasione della Festa della Liberazione, Isbrec e Radio Belluno presentano:

Bella ciao! Le canzoni della Resistenza. Radio Belluno e Isbrec per il 25 aprile

Incontro radiofonico sul tema della musica legata alle tematiche della Resistenza, nel corso del quale verranno presentate dieci canzoni partigiane.

Programma

Tradizione partigiana

La ripresa dei temi partigiani
nel dopoguerra

Fischia il vento
Dalle belle città
Il partigiano
La badoglieide
Bella ciao

Oltre il ponte
Il mio nome era Sandokan
Storia di Modesta Rossi
Alberi rami e foglie
Su in collina

La musica partigiana o legata ai temi della Resistenza ha avuto grande sviluppo durante e dopo la guerra, fino ai giorni nostri. Possiamo distinguere così due fasi: la prima relativa alla produzione durante i venti mesi di lotta partigiana, la seconda successiva alla fine della guerra e fino ai nostri giorni.
La musica della tradizione partigiana ebbe poca originalità e per lo più si ispirò ad altre tradizioni, sia riscoprendo vecchie canzoni e inni, sia adattando nuovi testi su vecchie melodie:

  • musica socialista e comunista (ad esempio: Internazionale, Bandiera rossa)
  • musica fascista, con testi nuovi solitamente satirici e parodistici
  • musica risorgimentale (Inno a Garibaldi, Inno di Mameli, ecc.)
  • musica della I guerra mondiale, rivisitando i testi e aggiornandoli al contesto della lotta partigiana (Tapum, Monte Canino o Sul ponte di Perati sulla cui melodia fu composta la celebre Pietà l’è morta)
  • musica popolare e licenziosa come il repertorio delle osterie (Col governo Mussolini / papraponzi ponzi po’ / ci mancavano i quattrini / papraponzi ponzi po’ / col governo di Badoglio / manca pure pane e olio / …)
  • repertorio delle canzonette degli anni Trenta e Quaranta.

Dunque, in generale, poca originalità in questa produzione sul piano della costruzione melodica. Molto originali, invece, i testi. Le tematiche spaziavano moltissimo, dalla libertà, al rifiuto del fascismo e del nazismo, dal patriottismo al tema della liberazione dal dominio straniero, dalla politica alla lotta di classe.
Triplice è dunque la natura di questi canti della Resistenza: trattano cioè di guerra civile, di guerra patriottica e di guerra di classe.
Ma le tematiche della Resistenza hanno avuto spazio anche negli anni successivi alla guerra e ancora oggi è possibile incrociare brani originali che si richiamano a quell’esperienza storica. Tra quelli che si potranno ascoltare, l’ultimo in ordine di tempo è un brano di Francesco Guccini tratto dal CD “L’ultima Thule” uscito nel 2012. Questi brani sono solitamente molto seri e parlano spesso di operazioni e rappresaglie, eccidi e violenze; nascono, sembrerebbe, dal desiderio di mantenere vivo il ricordo di fatti tragici che le nuove generazioni non hanno conosciuto direttamente e tendono a dimenticare o trascurare con troppa facilità.

Ne parleranno Guido Beretta e Enrico Bacchetti lunedì 25 aprile 2016 alle ore 10.00 sulle frequenze di Radio Belluno.

Radio Belluno si ascolta sulle frequenze:

 

 

Era la scelta

Festa della Liberazione
Circolo Culturale 25 Aprile, Anpi di Bolzano Bellunese, Isbrec e Fondazione Società Bellunese
organizzano la presentazione in anteprima di testimonianze inedite tratte
dal film-documentario

Era la scelta
di
Zenone Sovilla

durante l’incontro verranno presentate letture di brani legati alla Resistenza e alla deportazione

lunedì 25 aprile 2016, ore 17.00
sala dell’ex latteria, Bolzano Bellunese

L’iniziativa gode del patrocinio del Comune di Belluno

visualizza la locandina

71° Anniversario della Liberazione

In occasione del 71° Anniversario della Liberazione, Comune di Belluno, Isbrec, Anpi
e Cai di Belluno organizzano la presentazione dell’opuscolo

 Operazione Baldenich
Belluno 16 giugno 1944
di
Mariano Mandolesi

interverranno
Francesco Rasera Berna
Gino Sperandio
Carlo Mandolesi
Enrico Bacchetti
Sergio Chiappin

L’incontro avrà luogo a margine
delle celebrazioni ufficiali
25 aprile, ore 11.00
Sala Consiliare, Palazzo Rosso

 pacchetto sigarette 1 ritaglio A compressa

A quarant’anni dalla prima edizione, viene riproposto alla cittadinanza e agli studenti delle scuole bellunesi il testo di Mariano Mandolesi “Carlo” che racconta l’azione incruenta da lui ideata e condotta con un gruppo di partigiani che il 16 giugno 1944 portò alla liberazione di una settantina di prigionieri politici detenuti presso le carceri di Belluno.
La nuova edizione, accanto al testo di Mandolesi, accoglie, assieme ad un interessante nucleo di immagini, una presentazione di Francesco Rasera Berna, Presidente del Consiglio Comunale di Belluno, un’introduzione storica a cura di Enrico Bacchetti (Isbrec) e le indicazioni per raggiungere la casera de i Ronc, presso cui trovarono rifugio liberatori e liberati, a cura di Sergio Chiappin (Cai).
Alla presentazione saranno presenti anche Gino Sperandio (Anpi) e Carlo Mandolesi, figlio del capo partigiano e autore del testo.

Visualizza la locandina delle cerimonie qui

Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia

A due anni dal suo inizio, il poderoso progetto di ricerca Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, promosso da ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e INSMLI (Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di liberazione in Italia) e finanziato dal governo tedesco, è giunto al primo punto fermo. È infatti disponibile sul web all’indirizzo www.straginazifasciste.it l’intera banca dati corredata di filmati, immagini, filtri di ricerca e mappe.

Il lavoro è stato realizzato con la collaborazione di oltre 100 studiosi della rete degli Istituti Storici della Resistenza italiani, guidati e coordinati da un comitato scientifico presieduto dallo storico Paolo Pezzino. Il risultato è il più aggiornato e completo schedario delle violenze perpetrate dalle forze naziste e fasciste in Italia tra il 1943 e il 1945.

Il tema delle violenze nazi-fasciste nel corso del secondo conflitto mondiale, effettivamente, è rimasto sullo sfondo della ricerca storica fino ad una ventina di anni fa, quando, per effetto delle celebrazioni per il 50° anniversario della Liberazione, del processo a Erich Priebke, condannato per l’eccidio delle fosse Ardeatine (1996-1997) e di nuovi impulsi in particolare della storiografia tedesca, il problema delle violenze perpetrate a danno di civili è balzato in primo piano.

In Italia, i primi studi si sono rivolti essenzialmente alla ricostruzionei di singoli episodi, ma presto in alcuni ambienti universitari si è cominciato a riflettere sull’opportunità e possibilità di procedere ad una mappatura del fenomeno sul territorio nazionale. Tale obiettivo, inizialmente liquidato come inutile da parte di alcuni studiosi (vuoi perché considerato una mera monumentalizzazione delle vittime, vuoi perché si riteneva che la violenza dei nazi-fascisti non presentasse quei tratti di peculiarità che rendessero scientificamente valido un progetto tanto ambizioso), si andò invece concretizzando verso la fine del secolo scorso grazie all’impegno di alcuni storici quali appunto Paolo Pezzino (Università di Pisa) o Maria Gabriella Gribuadi (Università di Napoli).

A ciò contribuirono le ricerca storiche condotte in primo luogo da Enzo Collotti che dimostravano l’assoluta “originalità” del fenomeno delle violenze naziste nell’Europa occupata, ivi compresa l’Italia. Secondo lo studioso, infatti, la seconda guerra mondiale era essenzialmente una guerra nazista, con tutto il suo portato di razzismo che si esplicava nell’uso consapevole e premeditato di una violenza diffusa, spesso con connotazioni razziste.

In questo senso, per la storiografia la ricerca sulle stragi e la loro mappatura diventava dunque una esigenza per comprendere meglio il contesto della guerra. È dunque in quest’ottica che si è deciso di lavorare su questo fronte. La concreta possibilità di progettare un atlante delle stragi, però, è venuta solo più recentemente, nel 2012, con la decisione del governo tedesco di finanziare la ricerca che si è appunto conclusa in questi mesi e che è ora messa a disposizione di studiosi o semplici appassionati che potranno in tal modo scoprire o riscoprire episodi che, pur legati a vicende locali, si riflettono in un contesto nazionale.

Naturalmente, i risultati della ricerca nazionale, per esplicita ammissione dei suoi curatori, non sono né possono essere definitivi, ma permetteranno un’ulteriore passo in avanti nel quadro delle ricerche storiche legate al drammatico periodo che va dal 1943 al 1945. La mappatura, infatti tiene conto di molteplici elementi che consentono di inquadrare al meglio ogni singolo episodio: chi fu coinvolto, secondo quale modalità venne esercitata la violenza, chi ne fu responsabile (solo nazisti, solo fascisti o entrambi), ecc.

I numeri ora a disposizione già chiariscono la portata di questo fenomeno. Per indicarne solo alcuni, si parla di oltre 5.400 episodi di violenza su civili o partigiani catturati e uccisi mentre si trovano in condizione di inermi, con oltre 23.000 morti. Il tutto condotto da 400-500 reparti del Terzo Reich e della Rsi responsabili di stragi.

Riparlarne oggi, dunque, significa dare nuovo slancio alla ricerca e nel contempo rendere un postumo omaggio a quanti furono travolti, spesso  loro malgrado, dalla furia degli eventi.

Il progetto complessivo vedrà nei prossimi mesi due ulteriori passi. Un convegno internazionale che si terrà a Milano tra il 14 e il 16 settembre presso la Casa della Memoria e la pubblicazione di un volume che raccoglierà una serie di saggi di sintesi.

Belluno, 17 marzo 2016. Commemorazione di piazza dei Martiri

Il 17 marzo 2016 si è svolta l’annuale commemorazione a ricordo dei quattro partigiani impiccati in piazza dei Martiri a Belluno nel 1945.
Nel corso della cerimonia sono intervenuti, accanto al Sindaco della città di Belluno, anche la storica Adriana Lotto e Isabella David, giovane studentessa bellunese che fa parte della Rete degli Studenti Medi, un’associazione sindacale studentesca che ha come scopo creare aggregazione e sensibilizzare su temi di attualità.
Pubblichiamo ora i loro due interventi.

Adriana Lotto

71 anni fa, il 17 marzo, verso le 6  pomeriggio, le serrande dei negozi che si affacciano su questa piazza calarono, mentre le finestre delle abitazioni si chiudevano. In segno di condanna per quanto i carnefici stavano per fare, di rispetto per i quattro giovani portati a morire.  Pochi istanti, e  i loro corpi si afflosciavano lungo i lampioni rimanendovi appesi per quasi 2 giorni.
71 anni dopo siamo qui, un’altra volta, a commemorare quel doloroso evento. Qualcuno dirà che c’è dell’ostinazione a mantenere vivo il ricordo, che il passato è passato, che appartiene, semmai, agli storici.
Ma, chi di noi, chiedo, strapperebbe le fotografie che ci ritraggono giovani semplicemente perché non lo siamo più, chi  sarebbe capace di dimenticare  genitori e nonni solo perché non ci sono più?  Come gli eventi e le persone che ci hanno accompagnato nella nostra vita ci appartengono, perché è con loro che siamo cresciuti e diventati quel che siamo, così gli eventi e le persone che hanno segnato la vita di una comunità, ne hanno inevitabilmente forgiato l’identità, il carattere, il destino.
Per questo la memoria è prima di tutto un dovere civico, è un chiedersi a che punto siamo, se camminiamo nella giusta direzione.
Quel giorno, prima di morire, Salvatore Cacciatore gridò: “Vendicatemi”.
Voglio pensare che quel grido non fosse diretto solo a quei pochi che sostavano sotto i portici o a quelli che lo udirono stando dietro le finestre. Voglio pensare che quel grido fosse diretto anche a noi.
E come possiamo noi vendicare, oggi, Salvatore Cacciatore e Giusepe De Zordo (Bepi) e Gianleone Piazza e Valentino Andreani e tutti coloro che vennero trucidati in quei terribili mesi o che morirono di stenti dentro i campi di concentramento?
Innanzitutto,  riconoscendo che se siamo nati e vissuti  nella pace e nella democrazia è anche grazie a loro. La memoria allora è anche un dovere morale.
Ma il debito che abbiamo nei loro confronti non si salda con un semplice grazie, si paga con un agire che va nella direzione che essi hanno indicato, lungo una strada che non ha mai fine perché non ha fine la vita. Se così è, quel debito è inestinguibile e dovrà essere consegnato alle giovani generazioni che a loro volta lo consegneranno a quelle che verrano dopo e ognuna si farà portatrice di un’eredità che non è un peso, ma un’orgogliosa assunzione di responsabilità per la vita propria e degli altri.
Questo riuscirono a fare quei giovani: assumersi una responsabilità. Ma prima occorreva prendere coscienza, occorreva non appiattirsi alla rappresentazione che della realtà dava il fascismo, occorreva rendersi conto che il credere obbedire combattere non poteva esaurire il comune naturale desiderio di vita.
Ebbene, anche noi, oggi, non dobbiamo accontentarci delle piatte e ottuse rappresentazioni della realtà che ci vengono imposte, occorre ritrovare il pensiero critico, quello che fa vedere oltre, che ci mette al riparo dal luogo comune, dal fanatismo, dalla stupidità, che ci dice che c’è sempre un meglio, che ci spinge ad agire. Ma per agire, per incidere davvero nelle cose, occorre avere un progetto.
Quei giovani l’avevano, gli uomini che sopravvissero seppero dare ad esso forma, la forma della nostra Costituzione, e lo fecero con grande intelligenza, con grande lungimiranza, con grande umiltà e spirito di servizio.
Quattro qualità oggi più che mai necessarie. E il progetto per cui quegli uomini si batterono si chiamò Italia democratica. Era tutto contenuto nel grido che lanciarono qui, in questa piazza, prima di morire, i quattro giovani: Viva l’Italia. C’era in quel grido il cammino passato dell’Italia, il suo essersi fatta nazione e Stato, ma c’era anche il suo riscatto, per quei venti anni di asservimento, per una guerra folle, e c’era anche il suo futuro.
Ebbene, noi oggi abbiamo bisogno che quel grido torni a sommergere i tanti slogans vuoti e falsi e che, unendosi alle migliaia di voci che dall’Europa viva, quella in carne ed ossa, e dal Mediterraneo si levano a scuoterci dall’inerzia, ci metta sulla giusta strada.
E la giusta strada non può che essere quella che combatte la povertà, la violenza, le discriminazioni, le disuguaglianze.
I giovani di allora avevano chiaro che cosa significasse libertà, giustizia, uguaglianza.
L’idea di uguaglianza, che si traduceva in diritti per tutti, l’avevano ben chiara gli uomini di allora  che si sforzarono di tradurla in vita quotidiana.
Ora sembra da una parte che l’abbiamo dimenticata, dall’altra che si voglia distruggere come se fosse un ostacolo, e per qualcuno è un ostacolo. Ma a  mantenerla viva, questa idea, sono proprio i profughi. Non accoglierli significherebbe allora sbarazzarci dell’idea stessa di uguaglianza.  Stiamo attenti a non perdere con essa anche il diritto ad avere diritti.
Questi quattro giovani sono morti, ma non sono stati sconfitti perché l’idea a cui erano fedeli, e cioè che “tutto cio che è può essere diversamente”, è stata tenuta viva da tanti altri che erano con loro, che sono venuti dopo di loro. Tocca a noi, ai più giovani, adesso, far sì che essa dia nuovi e sempre più succosi frutti.

 Isabella David

Pensando al 17 marzo 1945 non ho potuto non rievocare i racconti di mia nonna.
Carmela è una ragazza di ventun anni. I suoi capelli sono mossi dal vento mentre pedala a bordo della sua bicicletta.
È una giornata di sole e ne approfitta per andare a trovare i suoi genitori. Andrà da Ponte a Limana passando quindi per Belluno. Il suo vestito è largo e tutt’ora nel 2016 sta nel suo armadio. È una domenica e lei è contenta. Sin da subito nota che la strada per arrivare a Belluno e meno trafficata del solito. Più ci si avvicina a Piazza Campedel meno persone ci sono, quando vi arriva non c’è nessuno. Sembra la scena di un duello da film western, quell’atmosfera che l’America ha reso nota a tutti. Carmela non capisce finché non alza la testa. Sopra di lei vi sono quattro uomini impiccati. Si avvicina incredula quando riconosce uno di quei volti, ormai spenti: è un ragazzo di 18 anni, suo compaesano con i capelli biondi. Guardava il suo volto ed era terrorizzata come lo erano tutti.
Facciamo un salto nel tempo, siamo nel 2016 in un’aula del Istituto tecnico “P.F. Calvi” e il professore di diritto chiede a gli studenti dove nasce la costituzione.
Io conosco la risposta. Nasce sotto gli occhi della mia bisnonna quel 17 marzo, nasce nelle nostre montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, ovunque sia morto un italiano urlando libertà e riscattando dignità. La nostra costituzione è il prodotto della Resistenza.
Mi rendo conto che qualsiasi discorso sul tema ha però sempre meno stabilità. La spinta eroica ha perso l’intensità degli inizi, specialmentre tra i giovani. Bisogna recuperare l’ideale della lotta partigiana. La storia ci insegna che non c’è nessun fascismo buono. Quella stessa storia che non deve essere solo una materia scolastica bensì la nostra guida.
Concetto Marchesi si rivolge a gli studenti dell’Università di Padova dicendo queste parole “per la fede che ci illumina, per lo sdegno che vi attende, non lasciate che l’opressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dalla misoginia.”
Io oggi voglio invitare, fare un appello ai miei coetanei: reagite davanti a chi in politica antepone l’interesse privato a quello pubblico e, in vista del referendum costituzionale, studiate, studiamo e creiamo gli anticorpi davanti a chi vuole allontanarci ancora di più da quella costellazione di valori che sono stati l’avvio di una nuova storia collettiva.
Ora e sempre, Resistenza.