Via Rasella, le Fosse Ardeatine e il Presidente del Senato

In merito alle recenti affermazioni del Presidente del Senato Ignazio La Russa in relazione all’azione partigiana di via Rasella a Roma (23 marzo 1944) e alla conseguente rappresaglia nazista che alle Fosse Ardeatine portò all’uccisione di 335 antifascisti, partigiani, ebrei e detenuti comuni (24 marzo 1944), l’Isbrec condivide il comunicato dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri di cui è parte.

In merito alle dichiarazioni del Presidente del Senato Ignazio La Russa l’Istituto nazionale Ferruccio Parri-rete degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea, per rispetto alla verità storica, dichiara:

  • L’ attacco partigiano di via Rasella fu un legittimo atto di guerra condotto contro una pattuglia di poliziotti altoatesini appartenenti al terzo battaglione Bozen.
  • Il Polizeiregiment Bozen comprendeva tre battaglioni, si era formato nel settembre 1943, subito dopo che i Tedeschi, a seguito dell’armistizio, avevano costituito l’Operationszone Alpenvorland, (Zona di Operazione delle Prealpi), che comprendeva le province di Belluno, Trento e Bolzano.
  • La maggior parte dei suoi membri, a seguito della opzione del 1939, avevano preso la cittadinanza tedesca.
  • Il Bozen non era una banda musicale ma un battaglione di polizia armato di pistole mitragliatrici e bombe a mano, che stava ultimando il suo addestramento.
  • L’età media dei componenti era sui 35 anni (avevano un’età dai 26 ai 42 anni), quindi certamente non delle giovani reclute ma neppure dei semi pensionati.
  • È bene ricordare che gli altri due battaglioni del reggimento Bozen erano stati subito impiegati in funzione anti partigiana in Istria e nel Bellunese, dove si erano resi autori di stragi.
  • Il battaglione oggetto dell’attacco di via Rasella è stato successivamente impiegato in Italia in funzione antipartigiana.
  • A seguito dell’attacco i Tedeschi fucilarono alle Fosse Ardeatine 335 fra antifascisti, partigiani, ebrei, detenuti comuni. Le liste furono compilate con l’aiuto della Questura di Roma.
  • Per tale atto il Questore di Roma, Pietro Caruso, fu condannato a morte dall’Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo. La sentenza fu eseguita il 22/9/44.

L’Isbrec, da sempre impegnato in un lavoro attento di ricerca storica, ritiene da parte sua che piegare la storia a strumentali usi politici sia operazione discutibile e di dubbia valenza etica. Auspica dunque che il mondo politico, in particolare le più alte cariche dello Stato, considerino la storia come strumento per comprendere il presente e non come mezzo per giustificare prese di posizione. Ricorda altresì che l’Italia repubblicana è nata sulle ceneri del fascismo grazie all’impegno di migliaia di italiani nella Resistenza.