Escursione a La Mèmora, luogo del libro “I giorni veri, 1943-45” di Giovanna Zangrandi

L’Anpi sez. Cadore “Giovanna Zangrandi”, la Biblioteca civica di Belluno, l’Isbrec e le Guide alpine 3 Cime Dolomiti Auronzo Misurina, organizzano un’escursione in montagna alla località La Mèmora in Val d’Oten (Calalzo di Cadore) sabato 28 ottobre 2023. Il ritrovo sarà a Praciadelàn nei pressi del Bar Pineta alt. 992 alle ore 10.00. Si salirà a piedi alla località La Mèmora dove, dal novembre 1944 al febbraio 1945, riparò il “Distaccamento Mèmora” della Brigata “P. F. Calvi”, costituito dai partigiani: Giovanna Zangrandi “Anna”, Antonio Fiori Moretto “Leo” e Giovan Battista Tabacchi “Lepre”.

Il percorso ha una lunghezza di andata/ritorno di 7,4 km. Con arrivo a 1575 m. per un dislivello di m. 586. La sola andata prevede n. 2 ore di cammino. Difficoltà media: EE. Sarà presente un accompagnatore di Media Montagna. Alle ore 12.30 a La Mèmora introduzione di Giovanni Grazioli, letture di brani tratti dal romanzo di Giorgia Sonego e un ricordo dei tre protagonisti di Roberta Fornasier. Partenza per il rientro alle ore 14:30. Si raccomanda vestiario e calzature adatti all’alta montagna, pranzo a sacco e acqua e si consigliano i bastoncini da trekking. In caso di maltempo l’escursione sarà rinviata.

L’iscrizione è gratuita per un numero massimo di 30 persone partecipanti. È necessario scrivere a biblioteca@comune.belluno.it o telefonare al 0437948093.

L’iniziativa è dedicata alla scrittrice e partigiana Giovanna Zangrandi (Galliera 13 giugno 1910 – Pieve di Cadore 20 gennaio 1988), con l’intento di porre l’attenzione su uno dei luoghi chiave del romanzo autobiografico “I giorni veri” nella forma di diario, riedito quest’anno da Ponte alle Grazie con la prefazione di Benedetta Tobagi. La Mèmora dove incredibilmente vissero nascosti in un anfratto della roccia, coperto da alcuni teli e con mezzi di fortuna, i tre partigiani nel corso dell’inverno ‘44-’45. La visione diretta del luogo, che l’immaginario tramite la lettura del libro produce in ognuno di noi, avrà un effetto molto più realistico e drammatico e le narrazioni a esso legate permetteranno ai presenti di comprendere e sentire meglio e in forma diretta, il rapporto tra la narrativa e il luogo: la Resistenza vissuta lì dove si svolsero i fatti che andremo a ricordare.

Nel 1937 Alma Bevilacqua (Giovanna Zangrandi è lo pseudonimo letterario), dopo la laurea in chimica, le specializzazioni in farmacia e in geologia e la scomparsa dei genitori, lascia la città di Bologna dove viveva per trasferirsi in Cadore. Si stabilisce inizialmente a Cortina d’Ampezzo, dove insegna scienze naturali all’Istituto “Antonelli” e dove vive per 18 anni. In seguito decide, a causa del clima post-bellico ostile nei suoi confronti in Ampezzo, di spostarsi a Borca di Cadore.
L’amore per la montagna, lo sci e l’alpinismo, diventa l’elemento costante della sua vita, insieme alla passione per la scrittura, che poi coltiverà come principale occupazione, pubblicando 11 libri e oltre 400 racconti per i quali ha conseguito vari premi letterari (tra i quali il premio Deledda nel 1954 per il romanzo I Brusaz, il Premio Bagutta Tre signore nel 1958 per il romanzo Il campo rosso, il Premio Resistenza-Venezia per il diario I giorni veri, 1943-45 nel 1963 e il Premio Puccini Senigallia per la raccolta di racconti Anni con Attila). Dopo l’8 settembre 1943 decide, in opposizione al fascismo e al nazismo, di schierarsi con la Resistenza e diventa staffetta partigiana della Brigata “P. F. Calvi”. Attività che svolge anche in pericolose azioni di trasporto di armi e esplosivi, nonché progettando sabotaggi sui ponti della viabilità locale stradale e ferroviaria, per ostacolare spostamenti e rastrellamenti delle forze armate tedesche. Ricercata dagli occupanti e oggetto di una taglia in denaro, vive gran parte di quegli anni in clandestinità svolgendo sempre il suo ruolo, adempiendo gli incarichi assegnatili a rischio della vita. Dopo la guerra è protagonista nell’attività giornalistica locale con “Val Boite” e “Nuovo Cadore”, due periodici che avrebbe voluto far diventare laboratori di politica e cultura, per l’auspicata trasformazione democratica della società. Viste le difficoltà emerse, lascia l’incarico di direttore responsabile e intraprende un altro progetto allo scopo di realizzare un sogno condiviso a suo tempo con Severino Rizzardi, comandante partigiano ucciso dai tedeschi alla fine della guerra: progetta e costruisce, tra il 1946 e il ‘47, con una squadra di manovali, muratori, falegnami e squadratori da lei diretta, il rifugio Antelao sulla sella di Pradonego a 1800 m., a Pieve di Cadore, che cede al CAI di Treviso nel 1951. Dal 1957 decide di cambiare residenza e si trasferisce a Borca di Cadore dove costruisce una casa nella frazione di Villanova nei pressi del bosco e di fronte al monte Antelao. Nel paese trova un ambiente amichevole e favorevole alla sua persona e al suo lavoro di scrittrice. Ben accetta dalla comunità locale, dove rimane per più di trent’anni, vi svolge anche incarichi politici di consigliere e assessore comunale negli anni 1960-64. Dagli anni ‘60 alla morte soffrirà del morbo di Parkinson, che la renderà inabile.