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Ciclo “Italia: Nazione senza confini”. Incontro con Maurizio Reberschak

Si conclude il ciclo di incontri organizzato per i 60 anni dell’Isbrec e dedicato al tema “Italia: nazione senza confini”. Il quinto e ultimo appuntamento appuntamento si svolgerà sabato 13 dicembre alle ore 17.00 in sala “Bianchi” a Belluno e vedrà la partecipazione dello storico Maurizio Reberschak, componente del Consiglio direttivo dell’Isbrec. Il titolo del suo intervento è “Stato e Nazione nell’Italia contemporanea“.

Ingresso libero

Il ciclo di incontri è pensato anche come momento di formazione per docenti. Agli insegnanti partecipanti verrà rilasciato un attestato di partecipazione.

“Stato” e “Nazione”, insieme a ”Patria”, sono tornati di moda nel linguaggio politico attuale. Ma c’è da chiedersi: questa terminologia è usata in modo appropriato? E soprattutto: quando queste parole sono state usate nel corso della storia contemporanea? E quale valenza si deve dare a questi termini in sede storica ed epistemologica?
Possiamo partire dall’uso attuale del termine reintrodotto con grande enfasi dalla presidente del consiglio Meloni, che dimostra di prediligere “Nazione” (e “Patria”) al termine “Stato”. Ma è bene chiedersi se l’uso politico di questa terminologia sia corretto sotto un profilo storico. Da un punto di vista metodologico dobbiamo riferirci alle elementari indicazioni metodologiche di Marc Bloch sulla storia, o meglio a cosa serve la storia: «comprendere il presente mediante il passato»; «comprendere il passato mediante il presente».
L’excursus potrebbe cominciare dal ’500, come indica Federico Chabod nei suoi corsi universitari, attestati nel libro L’idea di Nazione, ma fermeremo la nostra attenzione all’età contemporanea. La formazione degli Stati nazionali conosce un apice nel corso del XIX secolo. Pensiamo alla Germania di Bismarck (1871) o all’Italia di Cavour (1961). Sintomatico è l’uso maggiore di “Stato” rispetto a quello di “Nazione” e di “Patria”. Con l’unità dello Stato italiano si pose l’interrogativo: «Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani» (Massimo d’Azeglio): emerse cioè il problema di un’identità nazionale. Il fenomeno del brigantaggio, l’analfabetismo predominante, la permanenza delle lingue dialettali, furono veri ostacoli alla costruzione di un’unità nazionale. La rappresentanza di una Nazione rimase a lungo un ideale irraggiungibile. Fu lo “scatto” della Grande guerra a imprimere un’accelerazione verso lo “spirito” di Nazione: per la prima volta le masse militari furono a contatto nel fronte, a ridosso del quale la popolazione locale era direttamente coinvolta. Venne portata a compimento quella “nazionalizzazione” delle masse che in precedenza aveva impegnato la classe dirigente liberale, ma con esiti alterni e ambivalenti.
Con l’avvento del regime fascista il processo di “nazionalizzazione delle masse” comportò l’assimilazione tra Stato e Nazione attraverso la trasformazione delle istituzioni dello Stato e il “consenso” forzato delle masse. Le leggi “fascistissime” comportarono la trasformazione radicale delle istituzioni statali. “La Nazione lo chiede” divenne lo slogan di “diritto di fatto”. La formazione di un nuovo sistema del diritto (codici Rocco) modificò le relazioni pubbliche e private. L’istituzione del sistema corporativo incise sulla trasformazione dei rapporti sociali, civile, economici. Il colonialismo comportò la funzione della Nazione come potenza internazionale.
La seconda guerra mondiale venne intesa come riscatto della Nazione tradita dai trattati di “pace” succeduti alla ”Grande guerra”. La spinta dell’antifascismo cominciò a preparare l’ipotesi di una nuova forma-Stato. Il “Manifesto di Ventotene” del 1941 ipotizzò le basi di uno Stato sovranazionale europeo mediante l’unione federale degli Stati. Con la caduta del regime fascista e la fine della guerra si pose il problema della costruzione del nuovo Stato italiano. L’Assemblea costituente dovette affrontare tale questione. Il primo schema di costituzione venne predisposto in forma extraistituzionale mediante “conversazioni accanto al caminetto”.
Nei lavori dell’Assemblea costituente tornò in primo piano il problema dello Stato e delle sue istituzioni. Punto cruciale fu la redazione dei “principi fondamentali”, che costituirono il cardine del nuovo Stato, anche se vennero inseriti anche i rapporti tra Stato e Chiesa. Nella costituzione italiana lo Stato come forma istituzionale riprese la sua configurazione di diritto pubblico come forma istituzionale di Repubblica. Nazione e Patria vennero ridimensionate nelle loro accezioni identitarie. Ma tutto ciò determinò l’estradizione della “Nazione” e la “morte della Patria”? La spirito nazionalista e patriottico si insinua ancora nelle sedi istituzionali. Basti pensare alla scenografia “patriottica” del Vittoriale ogni 4 novembre.

Maurizio Reberschak ha insegnato Storia contemporanea e di Storia dei partiti e dei movimenti sindacali presso le Università di Padova e Venezia ed è attualmente membro del Consiglio direttivo dell’Isbrec e Socio corrispondente interno della Deputazione di storia patria per le Venezie. Si occupa di storia politica e sociale con particolare riferimento ai gruppi di potere nell’Italia contemporanea, dedicando attenzione soprattutto agli aspetti imprenditoriali e politici della biografia di Vittorio Cini. Ha avviato varie iniziative di ricerche personali e collettive e di pubblicazioni sul disastro del Vajont. Promotore del progetto “Archivio diffuso del Vajont”, è direttore scientifico della digitalizzazione dell’Archivio del processo penale del Vajont e della costruzione del sito web del medesimo archivio. Tra le sue pubblicazioni si segnalano le prime ricerche storiche sul Vajont (Il Grande Vajont, Longarone-Venezia 1983; n.e. Verona 2003, 2008, 2013, 2016) e sul dopo Vajont (Il Vajont dopo il Vajont, con Ivo Mattozzi, Venezia 2009), studi sui movimenti pacifisti e non-violenti (Non-violenza e pacifismo, Milano 1985), analisi su società locali (La resistenza nel veneziano, Venezia 1985; Venezia nel secondo dopoguerra, Padova 1983). Ha collaborato alla Storia dell’industria elettrica in Italia (Roma-Bari 1992, 1994), e alla Storia di Venezia. Ottocento e Novecento (Roma-Venezia 2002). L’ultimo suo lavoro, sempre legato al tema del Vajont, è “Vajont. La prima sentenza. L’istruttoria del giudice Mario Fabbri” curato assieme a Silvia Miscellaneo e Enrico Bacchetti.

Fra rabbia e antifascismo. Incontro con Francesco Filippi

Sabato 6 dicembre con inizio alle ore 17.00 a Trichiana presso la biblioteca civica in via Bernard Luigi si terrà l’incontro con lo storico Francesco Filippi che presenterà i suoi ultimi lavori “Antifascista, Pensare, vivere, agire perr la democrazia” e “Cinquecento anni di rabbia. Rivolte e mezzi di comunicazione da Gutenberg a Capitol Hill“. L’incontro è organizzato da Anpi-La Spasema e Isbrec e vanta il patrocinio del Comune di Borgo Valbelluna.

Nel primo dei due volumi Filippi propone una lezione di storia, accessibile e illuminata, utile per tutti, giovani e adulti e per le generazioni che hanno vissuto nei ricordi delle loro famiglie il fascismo e la dittatura. Fondamentale per capire il presente e il futuro di questo Paese in cui i fantasmi del passato tornano a bussare prepotentemente alle porte delle nostre società. 
In “Cinquecento anni di rabbia” Francesco Filippi discute una tesi affascinante: c’è uno stretto rapporto che intercorre tra le rivolte e i mezzi di comunicazione dal Cinquecento a oggi e senza dubbio quella a cui stiamo assistendo in questi anni è una rivoluzione, di cui noi siamo i protagonisti. Mai come ora abbiamo bisogno di fare un buon uso della storia per capire con maggiore profondità il mondo nel quale viviamo.

Francesco Filippi (1981) è uno storico della mentalità, collabora con l’Associazione di Promozione Sociale Deina che organizza viaggi della memoria e percorsi formativi in collaborazione con scuole e università. Ha partecipato alla stesura di manuali e percorsi educativi sui temi del rapporto tra memoria e presente. Consulente storico-scientifico del progetto Promemoria_Auschwitz.eu, collabora con enti culturali e istituti quali la Fondazione Museo Storico del Trentino. Tra le sue pubblicazioni, il romanzo Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo (Bollati Boringhieri 2019) e i volumi Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto,(Bollati Boringhieri 2020), Noi però gli abbiamo fatto le strade: Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie (Bollati Boringhieri, 2021), Prima gli italiani! (sì, ma quali?) (Laterza, 2021).

Ingresso libero

Ciclo “Italia: Nazione senza confini”. Incontro con Vincenzo D’Alberto

Continua il ciclo di incontri organizzato per i 60 anni dell’Isbrec e dedicato al tema “Italia: nazione senza confini”. Il quarto appuntamento si svolgerà venerdì 28 novembre alle ore 17.00 in sala “Bianchi” a Belluno e vedrà la partecipazione di Vincenzo D’Alberto, già docente nei licei bellunesi e componente del Comitato scientifico dell’Isbrec; il titolo del suo intervento è “Tra prima e seconda repubblica. Materiali per un seminario“.

Nel corso dell’intervento saremo trasportati nel passato più recente del nostro Paese e si rifletterà sulla situazione italiana in quella fase di ridefinizione dello Stato che va dalla metà degli anni Settanta alla fine degli anni Novanta, ossia nel travagliato periodo che precede, attraversa e segue il passaggio dalla cosiddetta prima repubblica alla seconda. I temi principali della sua prolusione saranno i seguenti: la scuola tra prima e seconda repubblica, la teoria del capitale umano alla base della scuola della seconda repubblica, i momenti salienti che scandiscono il passaggio dal Pci al Pds a partire dalla crisi del governo di unità nazionale 1976/78, la polemica sul cattocomunismo come filo conduttore di una possibile ricerca, il debito pubblico e lo stato sociale. Temi che, con tutta evidenza, ancor oggi rivestono una notevole importanza e la cui analisi è imprescindibile per chiunque voglia comprendere il presente in cui viviamo.

Vincenzo D’Alberto, già docente di Storia e Filosofia nei Licei, ha pubblicato articoli e saggi di storia contemporanea, prevalentemente in ambito locale. Tra i suoi scritti apparsi sulla rivista “Protagonisti” dell’Isbrec si ricordano Il “barbaro” bellunese e il “ciclo del bicchiere di vino” (2021), Note sulla crisi dell’antifascismo (2007), Unità nazionale e riconciliazione nella storia del PCI (1998), Nazione di popolo e nazione di partiti. Eugenio Curiel e “Il Piave” (1989); si ricorda inoltre il saggio Il rimedio dell’emigrazione pubblicato nel volume curato da F. Vendramini e E. Franzina Montagne e veneti nel secondo dopoguerra (1988).

Ingresso libero

Il ciclo di incontri è pensato anche come momento di formazione per docenti. Agli insegnanti partecipanti verrà rilasciato un attestato di partecipazione.

Presentazione del documentario “Elserino Piol di Valmorel. Il sogno di un’impresa”

Venerdì 21 novembre alle ore 20.30, in sala Renato De Fanti presso il Municipio di Limana si terrà la presentazione del documentario “ELSERINO PIOL di Valmorel. Il sogno di un’impresadi Mirco Melanco (50′).
Il progetto nasce da una collaborazione tra il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, la Fondazione Elserino Piol e l’Isbrec. Il documentario riguarda la vita e l’opera dell’imprenditore Elserino Piol, uno dei personaggi più influenti dell’alta tecnologia informatica mondiale del XX e XXI secolo. Il documentario biografico è stato realizzato da studenti stagisti che hanno frequentato il “Laboratorio per la realizzazione di documentari” del Dams (Samuele Grando, Agnese Ferracin, Serena Toninello), coordinati dal Dott. Vanni Cremasco (responsabile del Laboratorio Audio Video dipartimentale) e diretti dal Prof. Mirco Melanco. Il filmato racconta la storia di Elserino Piol, ma nel contempo disegna l’evoluzione dell’Hi Tech dagli anni Cinquanta in poi, passando per Olivetti, Omnitel, Infostrada, Kiwi ecc. Un racconto avvincente che lega Piol anche al suo territorio natale, Valmorel, dove, in questi giorni, è stata inaugurata ufficialmente la sede della Fondazione Elserino Piol. L’Istituzione, presieduta da Andrea Piol (figlio di Elserino), si propone di portare i giovani all’interno di un mondo tecnologico in continua trasformazione anche sulle montagne planetarie, nel pieno rispetto dell’ambiente.

Entrata libera fino a esaurimento posti a sedere

Ciclo “Italia: Nazione senza confini”. Incontro con Santo Peli

Riprende il ciclo di incontri organizzato per i 60 anni dell’Isbrec e dedicato al tema “Italia: nazione senza confini”. Il terzo appuntamento vedrà la partecipazione dello storico Santo Peli che si svolgerà venerdì 14 novembre alle ore 17.00 a Belluno, in sala “Bianchi”. Il titolo della sua conferenza sarà “Guerra partigiana e rifiuto della guerra“.

Ingresso libero

Il ciclo di incontri è pensato anche come momento di formazione per docenti. Agli insegnanti verrà dunque rilasciato un attestato di partecipazione.

Nel suo intervento, Santo Peli intende affrontare due importanti aspetti della guerra partigiana, ossia di quel passaggio decisivo della storia d’Italia che determinò la fine del potere fascista e la nascita della democrazia nel nostro Paese. Si partirà da una serie di riflessioni sui molteplici intrecci, solo apparentemente paradossali, tra diffuso rifiuto della guerra e la scelte di impugnare le armi, tra spontaneità e organizzazione, tra progetti politici di vasto respiro e “piccole patrie”. In secondo luogo il nostro relatore proporrà un confronto tra le specifiche condizioni che resero possibile progettare e realizzare la guerra partigiana nel centro nord, e il diffuso rifiuto all’arruolamento che caratterizzò invece le regioni meridionali alla fine del ’44 (“Non si parte”). Le sue riflessioni prenderanno le mosse dal recente volume, curato da Santo Peli e Filippo Focardi, Resistenza. La guerra partigiana in Italia (1943-1945), edito da Carocci nel 2025, nel quale compare anche un suo saggio che porta proprio il titolo del nostro incontro.

Santo Peli, ricercatore, ha insegnato Storia contemporanea nella facoltà di Scienze politiche dell’Università di Padova fino al 2013. I suoi campi di ricerca sono in particolare la conflittualità operaia tra Prima e Seconda guerra mondiale e la Resistenza italiana, di cui è uno dei maggiori studiosi italiani. In passato è stato membro del comitato scientifico dell’Istituto nazionale Parri (ex Insmli), rete degli Istituti storici della Resistenza italiani. Tra i suoi lavori si ricordano i volumi L’altro esercito. La classe operaia nella grande guerra (Feltrinelli, 1980), La Resistenza difficile (BFS edizioni, 1999, ristampato nel 2018), La Resistenza in Italia. Storia e critica (Einaudi, 2004) e Storie di Gap. Terrorismo urbano e Resistenza (Einaudi, 2014).

Lo sceneggiatore Rodolfo Sonego. Un documentario in quattro puntate

Giovedì 30 ottobre 2025, alle ore 18.30 presso il Palazzo Crepadona a Belluno si terrà la presentazione ufficiale al pubblico del progetto televisivo in 4 puntate “Lo sceneggiatore Rodolfo Sonego protagonista dei cinema italiano”, prodotto dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova in collaborazione, tra gli altri, con l’Isbrec. Rodolfo Sonego (nato a Cavarzano il 27 febbraio 1921, partigiano durante la lotta di liberazione con il nome di battaglia “Benvenuto Cellini” e vincitore del premio San Martino nel 1992) è stato una delle massime figure del grande cinema italiano del XX secolo e il progetto televisivo, realizzato da trenta studenti del “Laboratorio per la realizzazione di documentari” del Dams diretti dal prof. Mirco Melanco (Università di Padova, Isbrec), intende ripercorrere le tappe che hanno portato Sonego ad essere uno dei maggiori sceneggiatori del cinema italiano e della commedia all’italiana.

Le quattro puntate di circa 40 minuti l’una (che saranno trasmesse nella loro interezza a breve da Telebelluno) raccontano la storia biografica di Rodolfo Sonego, ma nel contempo spiegano una fetta importante di storia del cinema italiano dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni Novanta. Un racconto avvincente che lega Sonego anche al suo territorio natale, l’Alpago, e anche a San Pietro di Feletto dove Sonego, e la moglie Allegra, passavano le loro estati per circa trent’anni e dove è stata registrata l’intervista (14 luglio 1990) che è stata fondamentale per la riuscita di questo progetto televisivo. Il racconto è gestito dagli stessi studenti del Dams nella veste di storici di cinema. Essi hanno avuto l’onore di spiegare un passato così ricco di successi e di emozioni.

L’incontro di presentazione del progetto, che sarà moderato da Romina Zanon (Università di Udine, Isbrec), prevede innanzitutto la proiezione del trailer del documentario e, in seguito, gli interventi dei rappresentanti delle istituzioni che hanno promosso l’iniziativa ossia i Comuni di Belluno, Alpago e San Pietro di Feletto, il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, l’Isbrec e Telebelluno. Interverrà poi Mirco Melanco (docente del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova e docente di Cinema del reale al Dams e di Storia della sceneggiatura alla Magistrale in Discipline dello Spettacolo e della Produzione Multimediale, nonché responsabile scientifico del Laboratorio per la realizzazione di documentari del Dams) che presenterà la prima puntata del documentario. Al termine della proiezione interverranno Giulio Sonego, figlio di Rodolfo, nuovamente Mirco Melanco e gli studenti che hanno lavorato al progetto.

Entrata libera fino a esaurimento posti a sedere

Annullato l’incontro con lo storico Francesco Filippi

Si comunica che per ragioni indipendenti dalla nostra volontà, per l’improvvisa indisponibilità del relatore il previsto incontro di oggi sabato 25 ottobre con lo storico Francesco Filippi è annullato. Ce ne scusiamo e ci impegniamo fin da subito a cercare di fissare quanto prima una nuova data.

Fra rabbia e antifascismo. Incontro con Francesco Filippi

Sabato 25 ottobre con inizio alle ore 17.00 a Trichiana presso la sala San Felice in Piazza Merlin si terrà l’incontro con lo storico Francesco Filippi che presenterà i suoi ultimi lavori “Antifascista, Pensare, vivere, agire perr la democrazia” e “Cinquecento anni di rabbia. Rivolte e mezzi di comunicazione da Gutemberg a Capitol Hill“. L’incontro è organizzato da Anpi-La Spasema e Isbrec e vanta il patrocinio del Comune di Borgo Valbelluna.

Nel primo dei due volumi Filippi propone una lezione di storia, accessibile e illuminata, utile per tutti, giovani e adulti e per le generazioni che hanno vissuto nei ricordi delle loro famiglie il fascismo e la dittatura. Fondamentale per capire il presente e il futuro di questo Paese in cui i fantasmi del passato tornano a bussare prepotentemente alle porte delle nostre società. 

In “Cinquecento anni di rabbia” Francesco Filippi discute una tesi affascinante: c’è uno stretto rapporto che intercorre tra le rivolte e i mezzi di comunicazione dal Cinquecento a oggi e senza dubbio quella a cui stiamo assistendo in questi anni è una rivoluzione, di cui noi siamo i protagonisti. Mai come ora abbiamo bisogno di fare un buon uso della storia per capire con maggiore profondità il mondo nel quale viviamo.

Francesco Filippi (1981) è uno storico della mentalità, collabora con l’Associazione di Promozione Sociale Deina che organizza viaggi della memoria e percorsi formativi in collaborazione con scuole e università. Ha partecipato alla stesura di manuali e percorsi educativi sui temi del rapporto tra memoria e presente. Consulente storico-scientifico del progetto Promemoria_Auschwitz.eu, collabora con enti culturali e istituti quali la Fondazione Museo Storico del Trentino. Tra le sue pubblicazioni, il romanzo Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo (Bollati Boringhieri 2019) e i volumi Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto,(Bollati Boringhieri 2020), Noi però gli abbiamo fatto le strade: Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie (Bollati Boringhieri, 2021), Prima gli italiani! (sì, ma quali?) (Laterza, 2021).

Ingresso libero

Prima visione del documentario “Elserino Piol di Valmorel. Il sogno di un’impresa”

Giovedì 2 ottobre alle ore 19.00, presso palazzo Crepadona a Belluno si terrà la prima presentazione ufficiale al pubblico del documentario “ELSERINO PIOL di Valmorel. Il sogno di un’impresadi Mirco Melanco (50′).
Il progetto nasce da una collaborazione tra il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova, la Fondazione Elserino Piol e l’Isbrec. Il documentario riguarda la vita e l’opera dell’imprenditore Elserino Piol, uno dei personaggi più influenti dell’alta tecnologia informatica mondiale del XX e XXI secolo. Il documentario biografico è stato realizzato da studenti stagisti che hanno frequentato il “Laboratorio per la realizzazione di documentari” del Dams (Samuele Grando, Agnese Ferracin, Serena Toninello), coordinati dal Dott. Vanni Cremasco (responsabile del Laboratorio Audio Video dipartimentale) e diretti dal Prof. Mirco Melanco. Il filmato racconta la storia di Elserino Piol, ma nel contempo disegna l’evoluzione dell’Hi Tech dagli anni Cinquanta in poi, passando per Olivetti, Omnitel, Infostrada, Kiwi ecc. Un racconto avvincente che lega Piol anche al suo territorio natale, Valmorel, dove, in questi giorni, è stata inaugurata ufficialmente la sede della Fondazione Elserino Piol. L’Istituzione, presieduta da Andrea Piol (figlio di Elserino), si propone di portare i giovani all’interno di un mondo tecnologico in continua trasformazione anche sulle montagne planetarie, nel pieno rispetto dell’ambiente.

Entrata libera fino a esaurimento posti a sedere

Presentazione del libro “Vajont. La prima sentenza. L’istruttoria del giudice Mario Fabbri”

Nel quadro degli eventi programmati per il 62° anniversario del disastro del Vajont, venerdì 3 ottobre, presso la Sala Consiliare di Longarone, alle ore 18.00 avverrà la presentazione del libro “Vajont. La prima sentenza. L’istruttoria del giudice Mario Fabbri” a cura di Maurizio Reberschack, Silvia Miscellaneo, Enrico Bacchetti. Nel corso dell’appuntamento, dopo i saluti istituzionali, interverrà il giudice Felice Casson. Saranno presenti i curatori del volume.

Senza il giudice Mario Fabbri, e senza la sua istruttoria, molto probabilmente il processo del Vajont non si sarebbe fatto, o quanto meno si sarebbe svolto con un’altra impostazione e avrebbe preso tutt’altra direzione. Le 458 pagine dattiloscritte depositate al Tribunale di Belluno nel febbraio 1968 costituiscono di fatto la prima ricostruzione storica del Vajont dal 1900 al 1968, rivelando come la Sade si muoveva – con la pratica della mano libera e secondo la logica del profitto a ogni costo – all’interno delle istituzioni dello Stato, grazie alla presenza di funzionari pubblici definiti «pusillanimi, burocrati, compiacenti». Ma raccontano anche le vicende di un procedimento che fece scuola nella giurisprudenza, testimonianza della caparbietà con cui il giudice volle far luce sugli eventi e sulle responsabilità, mosso principalmente da valori morali e per «l’ossequio dovuto alla Giustizia».

il giudice Mario Fabbri

Il volume ha vinto il Premio speciale Dolomiti Unesco di Leggimontagna 2024 con la seguente motivazione della giuria
Potrebbe sembrare strano attribuire un premio importante a un libro che riporta soprattutto il testo di una sentenza di un giudice istruttore che, inoltre, risale al 1968. Ma stiamo parlando della faticosa ricerca della verità in una vicenda tragica e criminale come quella del Vajont che ha causato 1910 vittime ed è stata dovuta non tanto a sottovalutazioni della situazione idrogeologica del monte Toc, ma anche e soprattutto a sordidi calcoli economici e di opportunità politica che hanno portato a una delle più terribili stragi nella storia del nostro Paese. È una sentenza che va letta perché è un atto d’accusa che valeva allora, ma vale ancora oggi, contro coloro che violentano l’ambiente, e quindi l’umanità, con lo scopo preciso di arricchirsi, e contro una società nella quale troppo spesso i colpevoli riescono a cavarsela con poco perché trovano difese in coloro che li hanno aiutati nelle loro manovre, o, almeno, pur potendolo, non li hanno bloccati.
Malborghetto, 26 ottobre 2024

Leggi il programma completo degli eventi programmati per il 62° anniversario del disastro qui