Il 30 maggio ci ha lasciati Boris Pahor, il grande scrittore sloveno nato a Trieste nel 1913, in pieno clima austroungarico. Sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti, ha fatto della sua esperienza biografica una missione di vita, raccontandola nei suoi libri e parlandone nei molteplici incontri pubblici.
A sette anni aveva visto bruciare, per mano dei fascisti, la casa della cultura slovena. Questa vicenda lo segnò per tutta la vita, tornandovi spesso nei suoi romanzi e racconti. Dopo essersi laureato in Lettere all’Università di Padova, si dedicò all’insegnamento della lingua italiana, nelle scuole medie triestine. Soldato nella guerra in Libia, tornato nella città natale durante l’armistizio, entrò nella resistenza slovena. Nel febbraio 1944 fu catturato dalla Gestapo come prigioniero politico e conobbe l’orrore di cinque campi di concentramento: Natzweiler, Dachau, Dora, Harzungen e Bergen Belsen.
Tornato a Trieste dopo la guerra, si è sempre impegnato a raccontare sulla sua rivista “Zaliv” il genocidio della sua gente, la minoranza slovena. La sua opposizione a ogni totalitarismo è simbolicamente espressa nel titolo del suo libro Tre volte no (Rizzoli, 2009), no al fascismo, no al nazismo, no al comunismo.
Ci sono voluti quarant’anni e decine di libri stampati all’estero, una Legion d’Onore, premi negli Stati Uniti, traduzioni in inglese, tedesco, francese, persino in finlandese e più di una segnalazione al Nobel per la letteratura, perché fosse conosciuto appieno in Italia. Quando Necropoli, il capolavoro letterario con cui ha raccontato l’esperienza nei campi di concentramento, nel 2008 viene ristampato a quarant’anni dalla prima edizione, l’autore, finalmente conosce nel nostro Paese la fama meritata, complice anche la partecipazione alla trasmissione televisiva su Rai 3 “Che tempo che fa” di Fabio Fazio.
E di Necropoli è più volte venuto a parlare nella città di Belluno: nel 2009, nel 2010 e nel 2014. Nel 2009 per due ore ininterrotte, assieme a Mirta Amanda Barbonetti, parlò della sua vita davanti a un pubblico che si era assiepato all’inverosimile, nella piccola Sala degli Affreschi dell’Amministrazione provinciale. Ma Boris voleva incontrare gli studenti di Belluno e questo diede modo di invitarlo una seconda volta l’anno successivo, in occasione delle Celebrazioni del Giorno della Memoria, per un incontro con i ragazzi delle scuole superiori. L’evento fu molto partecipato, sia per la grande affluenza di studenti, presenti oltre ogni norma di sicurezza, sia come cittadinanza. È nel 2014 che l’Isbrec, in collaborazione con altri Enti e Associazioni, riesce a dare a Pahor la giusta accoglienza e per il Giorno della Memoria: il 27 gennaio gli viene riservato il Teatro Comunale cittadino. È stato l’incontro più sentito. Oltre 600 ragazzi quel giorno si assieparono insieme ad autorità e cittadinanza ad ascoltare commossi la sua lezione. Risuona ancor oggi il suo monito: «Ragazzi studiate la Storia per saper riconoscere i segnali del male. Studiate non solo sui libri, ma anche andando nelle biblioteche. È necessario conoscere il passato, per capire il presente ed evitare gli stessi errori nel futuro.»
Addio, carissimo Boris, ora restano le tue opere a parlare per te.
Per sapere di più sulla visita a Belluno nel 2014 guarda il video